Un po' di Storia
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DECEBALO
Non sono neppure un professore di Storia!!!! Pero' ne sono sempre stato un appassionato, quindi, specie per una persona che risiede per lunghi periodi in un Paese Straniero e' interessante (almeno a mio parere) conoscere la Storia
del luogo, anche perche' da essa si vengono a conoscere anche i come ed i perche' di un Popolo, voglio quindi tracciare i tratti salienti della Storia (fra l'altro molto ricca di avvenimenti e interessante) di questo Paese che per certi tratti assomiglia molto a quella Italiana.
Romania come l' Italia......c'e' chi parte e c'e' chi arriva!!
Come sopra detto, ho riscontrato delle similitudini storiche nel passato della Romania che, per un certo verso, la accomunano alla sorte che ha passato la nostra Nazione durante il corso dei Secoli. Vuoi per la posizione strategica che essa offre, vuoi per le sue ricchezze naturali, anche la Romania ha avuto una serie di invasioni notevoli (ricordiamoci sempre che le guerre si fanno per due motivi...o religioso o di interesse!!!) ma andiamo per gradi e vediamo come si e' giunti alla Nazione Romania.
del luogo, anche perche' da essa si vengono a conoscere anche i come ed i perche' di un Popolo, voglio quindi tracciare i tratti salienti della Storia (fra l'altro molto ricca di avvenimenti e interessante) di questo Paese che per certi tratti assomiglia molto a quella Italiana.
Romania come l' Italia......c'e' chi parte e c'e' chi arriva!!
Come sopra detto, ho riscontrato delle similitudini storiche nel passato della Romania che, per un certo verso, la accomunano alla sorte che ha passato la nostra Nazione durante il corso dei Secoli. Vuoi per la posizione strategica che essa offre, vuoi per le sue ricchezze naturali, anche la Romania ha avuto una serie di invasioni notevoli (ricordiamoci sempre che le guerre si fanno per due motivi...o religioso o di interesse!!!) ma andiamo per gradi e vediamo come si e' giunti alla Nazione Romania.
The Beginning......I Traci e Burebista
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BUREBISTA
L'attuale territorio della Romania era gia' abitato dal II millennio A.C. da alcune tribu' dei Traci, una delle Popolazioni piu' forti nella zona dei Balcani, della Grecia settentrionale e della Turchia Europea. (anche se non sono mai stati uniti se non per brevi periodi) A partire dal Vi secolo A.C. nelle regioni Danubiane si erano insediati i Geti mentre nella Transilvania risiedevano i Daci. Sicuramente entrambe le etnie appartenevano ai Traci. Burebista fu il primo Re Geto-Dacico a cui si deve l'unificazione delle due popolazioni, inoltre attraverso il suo Sacerdote Deceneo creo' un sistema di leggi e insegno' ai Daci la scienza fisica ed astronomica. Burebista intervenne poi a favore delle citta' greche del Mar Nero contro i Romani nella guerra fatta dal proconsole della Macedonia Marco Terenzio Varrone Lucullo contro Mitridate VI sconfiggendo ad Istria il generale Gaio Antonio Ibrida, cosi' le citta' Greche sul mar Nero di Apollonia, Dionisopoli, Tomi e Callate accettarono di far parte dei Suoi domini. Continuo' quindi le Sue incursioni conquistando la citta' celtica di Aliobrix (attuale Cartal in Ucraina) Odessa e Tira. Nel 48 A.C. si alleo' con Pompeo nella sua guerra contro Cesare ma purtroppo dopo tre anni Pompeo fu sconfitto da Cesare che inizio' a pianificare una spedizione per punire Burebista. Cesare venne assassinato al Senato alle Idi di marzo ( 44 A.C.) e anche Burebista venne ucciso dai suoi nobili nello stesso anno. Alla sua morte il suo regno venne scomposto in quattro/cinque Epigoni condotte da vari Re. Putroppo non avendo i Daci lasciate fonti testuali queste appaiono solo come storie poco attendibili. La perdita di potere della Dacia fece desistere i Romani dall'affrontare spedizioni nei territori.
L'Era di Decebalo 1. Le Spedizioni di Domiziano
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DECEBALO
Come gia' detto, dal 44 A,C. dopo la morte di Burebista la Dacia si scompose in 4/5 stati e non ci sono notizie scritte, Solo grazie a Giordano (Storico Bizantino) si puo' in parte risalire alle reggenze seguite alla morte di Burebista e piu' precisamente:
A Diurpaneo si deve la riunificazione della Dacia, la formazione a capitale di Sarmizegetusa Regia (gia' importante centro civile,religioso e militare fino dai tempi di Burebista) ubicata vicino alla attuale cittadina di Hateg e la riorganizzazione dell'Esercito, addestrandolo con i metodi Romani. Nell' 85 d.C. le sue armate devastarono la provincia Romana della Mesia a Sud del Danubio, sconfiggendo il Governatore Romano Caio Oppio Sabino. Da qui l'inizio delle guerre daciche di Domiziano che si reco' personalmente sul Danubio con il Suo Prefetto Cornelio Fusco il quale riusci' a respingere i nemici oltre il fiume ed entrare dei territori Daci dove caduto in un imboscata subi' una pesante sconfitta e fu ucciso. Dopo la vittoria Nell' 87 d.C. gli succede il nipote Decebal (Decebalo).
".......un abilissimo capo militare, esperto d'imboscate e maestro di scontri campali, astuto e pericoloso."
Cosi veniva descritto Decebalo dallo storico Cassio Dione e sicuramente non era certo un servilismo... Dopo la tregua nell' 87 per riorganizzare l'esercito, nell' 88 d.C. Domiziano elegge a comandante Tettio Giuliano il quale varca il Danubio e arriva sino alla pianura di Caransebes davanti alle cosiddette Porte di Ferro dopo una marcia condotta con grandi difficolta' per i continui attacchi e imboscate da parte dei Daci; a Tapae avvenne una grande battaglia, con una perdita notevole di Daci da parte di Decebalo. Giuliano comunque non riusci' ad arrivare alla Capitale Sarmizegetusa Regia, Dione narra infatti di uno stratagemma con cui Decebalo fece desistere i Romani dall'attaccarla, innumerevoli tronchi di albero vestiti da guerrieri e posti sulle mura della Capitale. Il fatto vero pero' sicuramente e' un altro cioe' la difficolta' da parte dei Romani di attraversare le Porte di ferro in una stagione prossima all'inverno che avrebbe fatto sostare li' le truppe fino alla primavera successiva. Nell' 89 Dopo la sconfitta di Tapae Decebalo era messo sicuramente sulla difensiva ma venne salvato da una serie di eventi a Lui favorevoli.
Questi eventi addussero i Romani al ritiro degli eserciti dai Territori Daci e alla stipulazione di un trattato di Pace nell' 89 d.C.. Prevalse quindi la Diplomazia (anche a quei tempi!!!) salvando l'onore di ambedue le parti. Decebalo si impegnava a diventare Re "Cliente" di Roma, a riconsegnare le armi prese e i prigionieri, d'altra parte Roma si impegnava a fornire un sussidio annuale e ad inviare carpentieri e ingegneri nei Territori Daci, sempre secondo Dione addirittura il fratello di Decebalo, Degis, fu inviato a Roma per ricevere direttamente dalle mani di Domiziano una corona da consegnare al Re in segno di alleanza. Quindi il processo di "Romanizzazione" era solo formale, anzi, tramite i sussidi economici, il "Know-how" e la mancanza di controllo Decebalo accrebbe la Sua potenza sino a che dopo 15 anni Roma fu costretta a indirre una nuova campagna contro un pericolo cosi' forte alle porte dell'Impero.
- in Transilvania, con Deceneo (collaboratore di Burebista) forse dal 44 al 27 A.C., poi Comosico, Corillo (che regnò per ben 40 anni), alcuni re di cui non ci è noto il nome, poi ancora Scorilo (padre di Decebalo) attorno agli anni 60 del I secolo e Duras-Diurpaneo( fratello di Scorilo, che regnò probabilmente dall'68/69 all'87).
- nella Pianura Valacca un certo Dicomes, a cui potrebbe essere succeduto un certo Coson;
- nel Banato ed Oltenia, un certo Cotisone;
- In Dobrogia , un certo Rholes, poi Dapyx ed infine Zyraxes.
A Diurpaneo si deve la riunificazione della Dacia, la formazione a capitale di Sarmizegetusa Regia (gia' importante centro civile,religioso e militare fino dai tempi di Burebista) ubicata vicino alla attuale cittadina di Hateg e la riorganizzazione dell'Esercito, addestrandolo con i metodi Romani. Nell' 85 d.C. le sue armate devastarono la provincia Romana della Mesia a Sud del Danubio, sconfiggendo il Governatore Romano Caio Oppio Sabino. Da qui l'inizio delle guerre daciche di Domiziano che si reco' personalmente sul Danubio con il Suo Prefetto Cornelio Fusco il quale riusci' a respingere i nemici oltre il fiume ed entrare dei territori Daci dove caduto in un imboscata subi' una pesante sconfitta e fu ucciso. Dopo la vittoria Nell' 87 d.C. gli succede il nipote Decebal (Decebalo).
".......un abilissimo capo militare, esperto d'imboscate e maestro di scontri campali, astuto e pericoloso."
Cosi veniva descritto Decebalo dallo storico Cassio Dione e sicuramente non era certo un servilismo... Dopo la tregua nell' 87 per riorganizzare l'esercito, nell' 88 d.C. Domiziano elegge a comandante Tettio Giuliano il quale varca il Danubio e arriva sino alla pianura di Caransebes davanti alle cosiddette Porte di Ferro dopo una marcia condotta con grandi difficolta' per i continui attacchi e imboscate da parte dei Daci; a Tapae avvenne una grande battaglia, con una perdita notevole di Daci da parte di Decebalo. Giuliano comunque non riusci' ad arrivare alla Capitale Sarmizegetusa Regia, Dione narra infatti di uno stratagemma con cui Decebalo fece desistere i Romani dall'attaccarla, innumerevoli tronchi di albero vestiti da guerrieri e posti sulle mura della Capitale. Il fatto vero pero' sicuramente e' un altro cioe' la difficolta' da parte dei Romani di attraversare le Porte di ferro in una stagione prossima all'inverno che avrebbe fatto sostare li' le truppe fino alla primavera successiva. Nell' 89 Dopo la sconfitta di Tapae Decebalo era messo sicuramente sulla difensiva ma venne salvato da una serie di eventi a Lui favorevoli.
- La rivolta di Lucio Antonio Saturnino che si era proclamato Imperatore tra le legioni della Germania Superiore.
- La rivolta armata delle popolazioni che fino a quel momento avevano riconosciuto la sovranità di Roma e ne avevano protetto per decenni la frontiera della Pannonia, vale a dire i Marcomanni, i Quadi ed i Sarmati Iazigi.
Questi eventi addussero i Romani al ritiro degli eserciti dai Territori Daci e alla stipulazione di un trattato di Pace nell' 89 d.C.. Prevalse quindi la Diplomazia (anche a quei tempi!!!) salvando l'onore di ambedue le parti. Decebalo si impegnava a diventare Re "Cliente" di Roma, a riconsegnare le armi prese e i prigionieri, d'altra parte Roma si impegnava a fornire un sussidio annuale e ad inviare carpentieri e ingegneri nei Territori Daci, sempre secondo Dione addirittura il fratello di Decebalo, Degis, fu inviato a Roma per ricevere direttamente dalle mani di Domiziano una corona da consegnare al Re in segno di alleanza. Quindi il processo di "Romanizzazione" era solo formale, anzi, tramite i sussidi economici, il "Know-how" e la mancanza di controllo Decebalo accrebbe la Sua potenza sino a che dopo 15 anni Roma fu costretta a indirre una nuova campagna contro un pericolo cosi' forte alle porte dell'Impero.
L'Era di Decebalo 2. Traiano e la Conquista della Dacia
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TRAIANO
Dopo le sconfitte subite da Domiziano e gli scellerati patti fatti dallo stesso con il Re Decebalo che avevano accresciuto a dismisura la sua potenza, Roma oramai padrona del Mediterraneo e le cui province dell'Europa Centrale erano oramai stabili intorno a bacini del Reno e del Danubio vedeva nella Dacia, ricchissima di miniere di oro e d'argento e unico Stato organizzato al di fuori delle Sue Provincie sia una minaccia che un territorio importante per rimpinguire le casse dell' Impero. Inoltre si volevano anche riscattare le sconfitte subite nelle prime spedizioni. Per fare questo era necessaria una figura con un curriculum militare di tutto rispetto, questo Imperatore era Traiano, originario della Spagna e primo Imperatore nato al di fuori dei confini Italici.
98 d.C.- 100 d.C. La Fase Preparativa
Traiano infatti stette quasi due anni sui confini del Danubio per riorganizzare le Province al fine di un futuro conflitto e assicurare supporti logistici alle armate che avrebbero combattuto perche', dopo L'Esperienza di Domiziano, i Romani avevano capito che il nemico da combattere era potente, difficile da sottomettere e ricco di risorse finanziarie e umane.
101 d.C.- 102 d.C. La Prima Campagna
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DECEBALO E TRAIANO
Nel marzo del 101 Traiano in prima persona parte per la Dacia, assieme a lui c'e' il Suo Prefetto del Pretorio Tiberio Claudio Liviano e una Serie di comites (Accompagnatori) tra i quali Lusio Quieto, Publio Elio Traiano Adriano (che diverra' il Suo successore) e i Governatori delle Province Limitrofe alla Dacia; Mesia Inferiore, Superiore e Pannonia. I piani sono gia' molto chiari, lo dice lo stesso Imperatore " Inde Berzobim, deinde Aizi processimus" queste due Localita' si trovavano sulla strada piu' Occidentale che conduceva in Dacia che partendo dal forte di Lederada sul Danubio in Prossimita' della citta' di Viminacium (attuale citta' Serba di Kostolac) Capitale della Mesia e portava a Tibiscum (l'Attuale Timisoara), da li' con un breve tratto a Tapae (dove aveva combattuto Domiziano) per proseguire alle Porte di Ferro (attuale localita' di Otelul Rosu) ed entrare nella Dacia vera e propria in direzione di Sarmizegetusa Regia, in pratica lo stesso percorso fatto da Tettio Giuliano nella Campagna dell' 88. Sembra inoltre che Traiano avesse una seconda colonna che da Dierma (attuale Orsova) attraversando il Passo delle Chiavi di Teregova si sarebbe riunita con l'altra a Tibiscum (Timisoara) questo spiegherebbe l'opera ingegneristica con cui era stato deviato il corso del Danubio con un Canale artificiale e costruita una strada militare. Attraversato il Danubio (forse con le due colonne) Traiano prosegui' senza incontrare grosse resistenze poiche' i Daci entrando nell'interno volevano isolare dalle comunicazioni e approvvigionamenti i Romani, usando la tattica che aveva fruttato vittoria contro l'Esercito di Domiziano. Comunque Traiano procedette con cautela per evitare imboscate costruendo sulla Sua strada Forti, strade e Ponti. Dopo aver Raggiunto Tibiscum si accampo' li in attesa di attaccare le fortezze della Capitale, a Tapae si svolse un'altra sanguinosa battaglia dopo quella fatta dall'armata di Domiziano, Traiano vinse a costo di perdite ingenti ma Decebalo si attesto' nelle sue fortezze di Orastie pronto a sbarrare la strada verso la Capitale. Arrivo' l'Inverno e i Romani furono costretti ad attendere poiche' era sconsigliabile attaccare in quella stagione. Nell'Inverno del 102 Decebalo oramai chiuso ad Occidente sferro' un attacco per dividere i Romani adottando la stessa strategia attuata con Domiziano invadendo la Mesia Inferiore con gli Alleati Roxolani ma dopo qualche successo furono fermati dal Governatore Manio Labenio Massimo, L'arrivo dello stesso Traiano (che aveva gia' previsto una manovra del genere) inflisse una pesante sconfitta ai Daci che si ritirarono. nel marzo Traiano riprese l'offensiva su piu' fronti: una colonna attraverso' il passo della Torre Rossa, altre due in parallelo attraverso i Passi delle Porte di Ferro e Chiavi di Teregova come l'anno precendente ricongiungendosi a 30 km a nord-ovest di Sarmizegetusa Regia. Decebalo, abbattuto dalla seconda sconfitta e preso in una "manovra a tenaglia" invio' due volte ambascerie ai Romani, la prima fu respinta, la seconda ambasceria composta da nobili venne ascoltata ma non accetto' le condizioni durissime imposte dai Romani e la guerra continuo'. Traiano, ripresa l'avanzata, dispose su tre colonne il Suo esercito e assedio' le fortezze di Orastie sino a che una ad una caddero, l'ultima nei pressi dell'attuale Muncel nonostante l'intervento dell'esercito accorso che subi' un altra pesante sconfitta. Decebalo per evitare l'assedio della Capitale Sarmizegetusa Regia Capitolo' sottostando alle condizioni durissime imposte dai Vincitori che prevedevano l'accettazione delle legioni romane nelle citta', la restituzione di armi e prigionieri, la distruzione di mura e di macchine da guerra e la perdita della Autonomia.
105 d.C.- 106 d.C. La Seconda Campagna
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IL SUICIDIO DI DECEBALO
Gli accordi presi nel 102 non vennero pero' rispettati da Decebalo, infatti egli ricostrui' tutte le fortezze intorno alla Capitale, si alleo' con i Parti e rimise in ginocchio la Mesia Meridionale e numerose postazioni e forti Romani della Valacchia e sulle Province del Danubio. L'opera di riconquista dei territori blocco' Traiano nella sua Invasione per tutto l'anno 105 d.C.. La rottura della pace non aveva alternative, bisognava conquistare la Dacia, vennero riunite forze ingenti, superiori a quelle della prima campagna e superato il Ponte di Dobreta/Turnu Severin costruito da Apollodoro, Traiano inizio' la Sua ultima Campagna Dacica. Gli Alleati di Decebalo ( Buri, Roxolani e Bastarni) appena saputo dei preparativi per l'Invasione lo abbandonarono. Dopo alcuni tentativi di riconciliarsi con L'Imperatore, Decebalo si trovo' a capitolare per la seconda volta. Attaccato su due fronti egli oppose una resistenza disperata infliggendo ingenti perdite ai Romani ma sia Sarmizegetusa Regia prima e tutte le fortezze di Orastie dopo, caddero sotto l'assedio dei Romani. Traiano era deciso a non concedere piu condizioni di resa come le volte precedenti ma a sottomettere lo Stato e per far questo durante la Sua avanzata creava forti e strade per isolare il nemico. Decebalo si rifugio' al nord sui Monti Carpazi ma una colonna romana lo insegui' nella valle del fiume Marisus (l'attuale Mures) i Daci del nord si unirono al Re per opporre l'Ultima resistenza consapevoli della loro fine. Una unita' Ausiliaria lo raggiunse nei pressi dell' Attuale Pietra Cravii e Decebal, per non essere preso vivo si suicido' assieme ai suoi capi, la Sua testa venne portata a Traiano dal comandante che era riuscito a catturarlo, Tiberio Claudio Massimo. La Dacia era conquistata, dopo la morte di Decebalo i Romani ebbero solo da sedare sporadici focolai di rivolta. Le conseguenze derivate furono le seguenti. Il vecchio regno di Decebalo fu trasformato insieme all'Oltenia e al Banato nella Nuova provincia di Dacia con capitale di nuova Fondazione di Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica Sarmizegetusa. Al contrario buone parti della Valacchia, della Muntenia e della Moldavia furono attribuite alla Mesia Inferiore. Si narra che Traiano raccolse da questa campagna un enorme bottino stimate in 5 milioni di libbre d'oro ( 226.800 kg) e il doppio in argento, oltre a altro bottino e 500.000 prigionieri di guerra con le loro armi, si trattava del famoso Tesoro di Decebalo che secondo una leggenda egli aveva nascosto nell'alveo di un piccolo fiume vicino Sarmizegetusa Regia. Anche sulla morte di Decebalo aleggia un po' di mistero, per i Romeni il Re non si suicido' ma venne tradito ed ucciso da uno dei Suoi Capi.
L' Impatto Storico
La colonizzazione di massa fatta con cittadini Romani giunti in gran parte dalle Province Danubiane permise all' Impero di creare una " Testa di Ponte" strategica fra la pianura Ungherese e i territori della Valacchia e della Moldavia, che vennero successivamente conquistati da Traiano e abbandonati in seguito dal Suo Succesore Adriano, un errore strategico che non fu mai rimediato. La permanenza Romana in Dacia sebbene limitata a meno di 200 anni ( la Provincia sarebbe stata infatti definitivamente abbandonata nel 271) lascio' comunque un'impronta duratura sull'area. La lingua Rumena che si sarebbe sviluppata nei secoli successivi e' rimasta una lingua neolatina in una Regione Europea a ceppo Slavo da una parte e a ceppo Ungherese dall'altra.
L'abbandono dei Romani e le invasioni Barbariche
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ATTILA
Dopo circa 200 anni i Romani abbandonano la Provincia Dacia, anche qui non si hanno notizie certe, ma sicuramente molti Daci colonizzati seguirono i Romani e si attestarono nelle Province della Mesia da dove poi sarebbero rientrati in Valacchia mentre altri si ritirarono sui Carpazi per poi reinsediarsi in seguito in varie zone. Dopo l'abbandono dei Romani, come successe in italia alla caduta dell'Impero, il territorio dell'Attuale Romania venne per molti secoli attraversato da popolazioni barbare di varie Etnie che si insediarono nelle tre regioni storiche: Transilvania (che era la vera Provincia Dacia Traiana), Moldavia e Valacchia, vediamo quindi brevemente come si disposero queste popolazioni nei territori: La Transilvania, dopo l'abbandono della Provincia da parte di Aureliano cadde sotto il controllo dei Visigoti e dei Carpi fino a che essi non vennero sottomessi all'Impero degli Unni nel 376 d.C., gli Unni si stabilirono nella Piana Pannonica sino alla morte di Attila nel 453. Dopo il disgregamento dell'Impero Unno la provincia fu controllata prima dagli alleati degli Unni (Alani, Longobardi) e dai Gepidi, nessuna altra potenza fu in grado di esercitare un controllo sino all'avvento degli Avari provenienti dalla Scizia (Russia) pero' il Khanato Avaro dovette soccombere ai Bulgari nel IX secolo e la Transilvania con parte della Pannonia fu incorporata al I Impero Bulgaro. Secondo un trattato del XII secolo, il "Gestae Hungarorum", le terre di Transilvania governate da Gelou, condottiero dei Vlachi di Transilvania (per alcuni storici Valacchi per altri Bulgari), del Duca Glad del Banato (attuale Banat), e di Menumorut del Bihar (attuale Bihor) vennero conquistate dai Magiari che entrarono in possesso dell'Intera Transilvania nel X secolo, lasciando ai Bulgari un controllo formale sino all'anno 1.000. La Moldavia dopo l'abbandono dell' Impero venne attraversata da numerosi Popoli nomadi, Unni Ostrogoti e Slavi. Anche i Bulgari, i Magiari e persino L'Orda D'oro (Mongoli) stazionarono nella Regione. Sorte simile accadde alla Valacchia dove si insediarono per molto tempo popolazioni Slave.
L'Era Medievale, i Principati, Dracula e....Mamma li Turchi!!!
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STAMPA STORICA
Veniamo a vedere la parte medievale della storia Rumena......perche' MAMMA LI TURCHI? perche' L'Impero Ottomano, nella Sua Grande Espansione e' Entrato in Romania con l'intenzione di giungere molto piu' a nord e sempre per le sue ricchezze ma durante i secoli ha (fortunatamente per tutti) trovato delle grosse resistenze nei vari territori. Vediamo come era organizzata la attuale Romania nel periodo medievale, qui abbiamo la formazione effettiva delle "Province storiche" della Romania, che divennero i Principati di Valacchia, Transilvania e Moldavia e che hanno avuto storie completamente diverse l'uno dall'altro.
LA MOLDAVIA
Il principato di Valacchia fu il risultato nel XIV secolo dell'unificazione di tutti i Voivodati esisstenti nell'area fra i Carpazi ed il Danubio ( i Voivoda erano nobili governatori assimiliabili ai nostri feudatari) che si posero sotto la protezione del Regno di Ungheria, Giovanni Basarab (Basarab I) ottenne l'indipendenza dalla Valacchia prima lottando contro i Tartari e poi contro l'esercito del Re di Ungheria Carlo Roberto d'Angio' . Il Principato nel corso degli anni non ebbe vita facile essendo continuamente invaso dagli Ottomani, nel 1394 il Sultano Beyazid I costrinse il Principe Mircea il Vecchio (Mirce cel Batran) ad assoggettarsi all'Impero Ottomano e diventarne tributario dopo la sconfitta di Nicopoli, pur conservando una certa indipendenza da esso. Le prime Rivolte ai Turchi iniziano con scarsi risultati nel 1444 e nel 1448
. Le grandi ribellioni contro l'Impero Ottomano iniziarono con Vlad III dal 1462...ecco cosi' venire alla ribalta il famoso Dracula.....che con il personaggio inventato da Brian Stoker a molto poco a vedere.
LA MOLDAVIA
Il principato di Valacchia fu il risultato nel XIV secolo dell'unificazione di tutti i Voivodati esisstenti nell'area fra i Carpazi ed il Danubio ( i Voivoda erano nobili governatori assimiliabili ai nostri feudatari) che si posero sotto la protezione del Regno di Ungheria, Giovanni Basarab (Basarab I) ottenne l'indipendenza dalla Valacchia prima lottando contro i Tartari e poi contro l'esercito del Re di Ungheria Carlo Roberto d'Angio' . Il Principato nel corso degli anni non ebbe vita facile essendo continuamente invaso dagli Ottomani, nel 1394 il Sultano Beyazid I costrinse il Principe Mircea il Vecchio (Mirce cel Batran) ad assoggettarsi all'Impero Ottomano e diventarne tributario dopo la sconfitta di Nicopoli, pur conservando una certa indipendenza da esso. Le prime Rivolte ai Turchi iniziano con scarsi risultati nel 1444 e nel 1448
. Le grandi ribellioni contro l'Impero Ottomano iniziarono con Vlad III dal 1462...ecco cosi' venire alla ribalta il famoso Dracula.....che con il personaggio inventato da Brian Stoker a molto poco a vedere.
Vlad III Tepes ossia Vlad Draculea ossia Dracula
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VLAD III TEPES
Mi sembra logico soffermarmi a descrivere uno dei Personaggi Storici che in seguito e' diventato leggenda e che identifica un po' la Romania. Come dicevo sopra il vero Dracula e' una figura totalmente diversa da quella che siamo abituati, e' stato un Principe, un guerriero sanguinario ma anche una figura che ha realmente cercato di bloccare l'invasione Turca, Da come ho interpretato la sua storia lo identifico in un uomo coraggioso, irruento, crudele che pero' ha fatto comodo ai vari Potenti del Periodo e poi e' stato lasciato solo per le solite trame politiche (oh ...c'erano anche a quei tempi li' !!!!).
La Sua vita
Vlad III nasce a Sighisoara, nella zona Sassone della Transilvania nel 1431, Figlio di Vlad II Dracul Principe di Valacchia in Esilio in quei territori. Dopo vicende avverse Vlad II si reinsediera' nel Principato di Valacchia barcamenandosi con alleanze fra Ungheresi prima e Ottomani poi. Dovendo sottostare ai Turchi, grazie ai quali era stato reintegrato nei suoi domini, dara' in ostaggio i propri figli Vlad e Radu al Sultano Murad nel 1442. Presso i Turchi essi impareranno l'arte della Guerra e verranno avvicinati alla fede Musulmana..... STOP!!!! BREVE PAUSA... adesso arriviamo a capire l'origine del nome Dracula!! il padre di Vlad III, Vlad II, apparteneva all' Ordine del Dragone, una confraternita che Sigismondo di Ungheria aveva Istituito per proteggere la Cristianita' e difenderla contro i Turchi e il suo emblema era rappresentato da un Dragone, in Rumeno la parola Drago (Dracu) coincide anche con la parola Diavolo e da qui il nome di Vlad II Dracul (Vlad il Diavolo), per discendenza quindi il nostro sarebbe stato definito Draculea (Figlio del Diavolo) poi storpiato in Dracula....Il suo epiteto piu' comune pero' e' quello di Tepes (Impalatore) un grazioso sfizio che egli si prendeva con gli avversari....FINE DELLA PAUSA!!! Nel 1447 il Principe di Transilvania Giovanni Hunyadi eliminera' definitivamente Vlad II e il figlio maggiore Mircea insediando il Principe Vladislav II e di risposta il Sultano liberera' Vlad e lo rimandera' in Patria.
"Ecco la storia crudele e terribile di un uomo selvaggio e assetato di sangue, Dracula il Voivoda. Di come impalò e arrostì gli uomini e li fece a pezzi come cavoli. Arrostì anche bambini e costrinse le madri a mangiarli. Molte altre cose sono scritte in questo libello, anche sulla terra su cui regnò....." (Libello di Norimberga, 1499)
" È un uomo di corporatura robusta e d'aspetto piacente che lo rende adatto al comando. A tal punto possono divergere l'aspetto fisico e quello morale dell'uomo! " (Pio II)
Ecco come descrivono autori dell'epoca il nostro amico, certamente non uno Stinco di Santo!!! Ma non credo che altri Nobili o Signori di quei tempi in Europa differissero molto..... certo e' che il periodo vissuto in isolamento con i Turchi e le perdite cruente di padre e fratello sicuramente acuirono il suo carattere.
Nel 1448 Vlad riesce con l'aiuto degli Ottomani a superare il Danubio e conquistare il Principato di Valacchia, questo pero' solamente per due mesi dopo i quali e' costretto a fuggire in Moldavia mentre Vladislav II rientra in possesso del Principato. Durante gli anni dell'esilio che vanno dal 1448 al 1456 Vlad si appoggera' ai Principi di Transilvania e Moldavia (Vassalli del regno Ungherese e avversari dei Turchi), entrera' nelle grazie di Giovanni Hunyadi, reggente di Ungheria, verra' convertito al Cristianesimo e diventera' amico di due personaggi che compieranno grandi imprese: Stefano il Grande (Stefan cel Mare) futuro Principe di Moldavia e Mattia Corvino figlio di Giovanni Hunyadi e futuro Re di Ungheria.
La Sua vita
Vlad III nasce a Sighisoara, nella zona Sassone della Transilvania nel 1431, Figlio di Vlad II Dracul Principe di Valacchia in Esilio in quei territori. Dopo vicende avverse Vlad II si reinsediera' nel Principato di Valacchia barcamenandosi con alleanze fra Ungheresi prima e Ottomani poi. Dovendo sottostare ai Turchi, grazie ai quali era stato reintegrato nei suoi domini, dara' in ostaggio i propri figli Vlad e Radu al Sultano Murad nel 1442. Presso i Turchi essi impareranno l'arte della Guerra e verranno avvicinati alla fede Musulmana..... STOP!!!! BREVE PAUSA... adesso arriviamo a capire l'origine del nome Dracula!! il padre di Vlad III, Vlad II, apparteneva all' Ordine del Dragone, una confraternita che Sigismondo di Ungheria aveva Istituito per proteggere la Cristianita' e difenderla contro i Turchi e il suo emblema era rappresentato da un Dragone, in Rumeno la parola Drago (Dracu) coincide anche con la parola Diavolo e da qui il nome di Vlad II Dracul (Vlad il Diavolo), per discendenza quindi il nostro sarebbe stato definito Draculea (Figlio del Diavolo) poi storpiato in Dracula....Il suo epiteto piu' comune pero' e' quello di Tepes (Impalatore) un grazioso sfizio che egli si prendeva con gli avversari....FINE DELLA PAUSA!!! Nel 1447 il Principe di Transilvania Giovanni Hunyadi eliminera' definitivamente Vlad II e il figlio maggiore Mircea insediando il Principe Vladislav II e di risposta il Sultano liberera' Vlad e lo rimandera' in Patria.
"Ecco la storia crudele e terribile di un uomo selvaggio e assetato di sangue, Dracula il Voivoda. Di come impalò e arrostì gli uomini e li fece a pezzi come cavoli. Arrostì anche bambini e costrinse le madri a mangiarli. Molte altre cose sono scritte in questo libello, anche sulla terra su cui regnò....." (Libello di Norimberga, 1499)
" È un uomo di corporatura robusta e d'aspetto piacente che lo rende adatto al comando. A tal punto possono divergere l'aspetto fisico e quello morale dell'uomo! " (Pio II)
Ecco come descrivono autori dell'epoca il nostro amico, certamente non uno Stinco di Santo!!! Ma non credo che altri Nobili o Signori di quei tempi in Europa differissero molto..... certo e' che il periodo vissuto in isolamento con i Turchi e le perdite cruente di padre e fratello sicuramente acuirono il suo carattere.
Nel 1448 Vlad riesce con l'aiuto degli Ottomani a superare il Danubio e conquistare il Principato di Valacchia, questo pero' solamente per due mesi dopo i quali e' costretto a fuggire in Moldavia mentre Vladislav II rientra in possesso del Principato. Durante gli anni dell'esilio che vanno dal 1448 al 1456 Vlad si appoggera' ai Principi di Transilvania e Moldavia (Vassalli del regno Ungherese e avversari dei Turchi), entrera' nelle grazie di Giovanni Hunyadi, reggente di Ungheria, verra' convertito al Cristianesimo e diventera' amico di due personaggi che compieranno grandi imprese: Stefano il Grande (Stefan cel Mare) futuro Principe di Moldavia e Mattia Corvino figlio di Giovanni Hunyadi e futuro Re di Ungheria.
La Reggenza piu' lunga (1456/1462)
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VLAD L'IMPALATORE
Nel 1456 Vlad riesce (con l'aiuto del Principato di Transilvania) a conquistare la Valacchia spodestando Vladislav II e facendosi incoronare nella cattedrale di Curtea de Arges, fatta costruire da Suo Padre, Sempre nel 1456 Hunyadi ferma i Turchi a Belgrado ma muore di peste dopo poco. I boiari fedeli a Vladislav si rifugiarono in Transilvania eleggendo un antiprincipe, Dan III di Valacchia, discendente della stirpe di Vladislav, i Danesti. Vlad, che aveva bisogno di alleanze per contrastare l'Impero Ottomano, presto' giuramento di fedelta' alla corona Ungherese ritornata nelle mani di Ladislao dopo la morte di Hunyadi e promise agevolazioni ai mercanti sassoni della Transilvania nei territori di Valacchia, appoggio' l' amico Stefano il Grande per la conquista del regno di Moldavia, Vlad pero' non era ancora forte per battere l'Impero di Maometto II e cosi' dovette assoggettarsi al pagamento dei tributi al Sultano secondo gli accordi presi dal padre e presentarsi alla Sublime Porta (la Porta Ottomana) per omaggiare il Sultano, nel 1459 pero' le sue azioni lo misero in contrasto con i Sassoni a cui andavano i favori del nuovo Sovrano Ungherese Mattia Corvino e che iniziarono una "campagna denigratoria" nei confronti di Vlad con lettere che dicevano al Re che egli facesse alleanze segrete con i Turchi. Nel frattempo teneva il suo regno e i suoi boiardi con il pugno di ferro, con episodi di crudelta' come la "Pasqua di sangue diTragoviste" dove impalo' decine di suoi notabili e costrinse gli altri alla costruzione della fortezza di Poienari ( Il vero Castello di Dracula, non quello di Bran). Gia' nel 1457 l'esule Dan III si era fatto nominare a brasov Voivoda della Valacchia e prendendo corte presso Timpa, una collina nei pressi di Brasov, lo scontro fra l'usurpatore e Vlad evitato nel 1458 dal Governatore della Transilvania ma nel 1459 Vlad attacco' Brasov e Dan fu costretto alla fuga mentre il rivale devastava i sobborghi della Citta', impalando tutti i seguaci dell'usurpatore. Dan riusci a riconquistare Brasov e Fagaras ma a Rucar fu sconfitto e costretto a scavarsi la fossa e gettarvisi dentro da Vlad che passo' poi a eliminare tutti i suoi seguaci con il suo solito metodo....l'impalazione, si curo' pero di non toccare i mercanti Sassoni e negozio' un accordo anti turco con il Corvino, che aveva bisogno di uno stabile confine meridionale. Nel 1462 il conflitto con il Sultano Esplose, Vlad fece impalare i messi di Maometto (guarda un po'...) e entro' per 800 Chilometri nei territori Ottomani, compiendo saccheggi nei territori da Chilia (vicino a Odessa) a Rahova ( un quartiere dell'attuale Bucarest), Il resoconto della spedizione, fatto da Vlad all'alleato Mattia, parla di 23.883 morti "senza contare quelli che sono stati bruciati vivi nelle loro case o le cui teste non sono state mostrate ai nostri ufficiali".
Il Corvino non si uni' pero' alla "Crociata" fatta da Vlad, lasciandolo da solo a fronteggiare le ritorsioni Turche, inoltre ci fu il tradimento di Stefano il Grande che si alleo' con i Turchi per riannettere Chilia alla Moldavia, Vlad fu costretto a dividere le sue truppe (30.000 uomini) su due fronti fra Chilia e il Danubio dove si erano ritirati gli Ottomani che avevano un armata di 60.000 uomini e lo attaccarono alla fortezza di Vidin. Ripiego' e i Turchi passarono il Danubio, allora egli con l'intenzione di uccidere il Sultano sferro' il famoso "attacco notturno" che pero' non riusci nel suo intento e Vlad si ritiro' lasciando Targoviste al nemico e arroccandosi sui monti. Maometto elesse Voivoda di Valacchia il fratello di Vlad Radu (detto Radu cel frumos, Radu il bello). Il Corvino, sempre per ritorsioni fatte dai Sassoni con lettere che screditavano Vlad lo fece arrestare e lo imprigiono' .
Il Corvino non si uni' pero' alla "Crociata" fatta da Vlad, lasciandolo da solo a fronteggiare le ritorsioni Turche, inoltre ci fu il tradimento di Stefano il Grande che si alleo' con i Turchi per riannettere Chilia alla Moldavia, Vlad fu costretto a dividere le sue truppe (30.000 uomini) su due fronti fra Chilia e il Danubio dove si erano ritirati gli Ottomani che avevano un armata di 60.000 uomini e lo attaccarono alla fortezza di Vidin. Ripiego' e i Turchi passarono il Danubio, allora egli con l'intenzione di uccidere il Sultano sferro' il famoso "attacco notturno" che pero' non riusci nel suo intento e Vlad si ritiro' lasciando Targoviste al nemico e arroccandosi sui monti. Maometto elesse Voivoda di Valacchia il fratello di Vlad Radu (detto Radu cel frumos, Radu il bello). Il Corvino, sempre per ritorsioni fatte dai Sassoni con lettere che screditavano Vlad lo fece arrestare e lo imprigiono' .
La prigionia, il Ritorno e la Morte
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TOMBA DI VLAD
MONASTERO DI SNAGOV (BUCAREST)
Nonostante la sua pericolosita' Mattia Corvino non uccise Vlad III, fomento' si' la sua denigrazione attraverso numerosi libelli che citavano la crudelta' e malvagita' ma lo tenne imprigionato dal 1462 al 1474 prima a Visegrad e poi a Pesta. Il Sovrano pensava infatti di usarlo come arma nei confronti del sempre piu' potente Stefan cel mare (Stefano il grande) o il fratello Radu. Durante la sua assenza la Valacchia divento' un campo di battaglia fra Radu e Stefan cel Mare che aveva messo a capo della Valacchia Besarab III, erede della stirpe dei Danesti. nel 1476 Il Corvino libero' Vlad e lo armo' contro Besarab, che aveva tradito Stefan alleandosi con i Turchi. Vlad riconquisto' il regno ma Basarab, spalleggiato dagli Ottomani torno' all'attacco e in questi scontri Vlad mori'....non si sa dove e quando...alcuni affermano che invece che in battaglia sia morto ucciso da un suo notabile.....altri storici dicono che fu scambiato per un turco dai suoi e ucciso...la sua morte rimane un mistero....e anche la nella Sua tomba nel Monastero di Snagov, aperta per ricerche archeologiche nel 1930, non vennero trovati resti umani ma ossa di cavallo. Da qui forse inizia la leggenda del "non morto" tanto cara a Stoker.
Ma riprendiamo la storia della Valacchia dopo questo profilo di uno dei Suoi piu' significativi Personaggi....dopo le reggenze di Vlad III la Valacchia rientro' sotto la sfera dell'Impero Ottomano e perse quel poco di indipendenza che le rimaneva, si poteva comunque eleggere il Principe governante la cui scelta pero' era sancita dal Sultano a cui dovevano essere pagati pesanti tributi. Dopo anni ed anni di stagnazione e di susseguirsi di Reggenti nel XVI secolo il Voivoda Michele il Coraggioso (MIhai Viteazu) si ribello' ai Turchi nel 1594 sollevando il Popolo Valacco. Alleatosi con il Principe di Transilvania Sigismondo Bathory e con il Voivoda di Moldavia conquisto la fortezza di Giurgiu nel 1595 e dopo anni di lotta nel 1589 scaccio' definitivamente i Turchi dal Principato. Sulla scia di questi successi e grazie alla Sua Sottomissione all'Impero Ausburgico che aveva interesse a conquistare la Transilvania per rafforzarsi contro la confederazione Polacco-Lituana Michele entro' in guerra contro Andrea Bathory, fratello del Principe Sigismondo e a Selimbar lo sconfisse. Entro' quindi ad Alba Iulia (capitale della Transilvania) e venne proclamato Principe (L'Imperatore Ausburgico pero' ridimensiono' la sua figura riconoscendogli solo il Titolo di Governatore). Nel 1600 Michele passo' alla conquista della Moldavia, grazie agli accordi presi con i Polacchi, diventandone il Voivoda e unificando quindi i tre Principati (Moldavia. Valacchia e Transilvania). Il suo successo spavento' pero' i nobili Rumeni e gli Stati confinanti, la nobilta' Magiara si rivolto' contro Michele, appoggiato dalle truppe imperiali del generale Giorgio Basta egli venne sconfitto a Miraslau mentre l'esercito Polacco riconquistava i territori Valacchi. Michele si rifugio' a Praga mentre Basta perdeva il controllo dalla Transilvania dovuto al tradimento dei nobili locali che volevano ripristinare Sigismondo. Michele riparti' con Basta per riprendere i territori, mentre i Valacchi erano riusciti a ricacciare l'Esercito Polacco, Michele sconfisse Sigismondo nella Battaglia di Gorozlo' ma dopo pochi giorni fu ucciso, su ordine dell'Imperatore dai mercenari Valloni a Campia Turzii vicino alla citta' di Turda, L'ordine venne impartito poiche' Michele cercava di riallearsi con i Turchi, come venne scooperto in una missiva indirizzata al Sultano ed intercettata dagli uomini alservizio dell'Imperatore ( i servizi segreti.......c'erano anche allora) dove chiedeva al Sultano di essere riconosciuto sovrano dei regni conquistati riconoscendosi "Valachiae transalpinae haereditarius Princeps, Regni Transylvaniae Dominus, nec non Moldaviae supremus Gubernator et Dominus, quarundam partium Hungariae Dominus, et totius Christianitatis processor et capitaneus.". Alla sua scomparsa la Valcchia ritorno ad essere un possedimento dell' Impero Ottomano. La figura mi Michele e' fondamentale per la Storia Romena moderna egli fu l'antesignano dei moti che portarono poi all'Unificazione.
LA MOLDAVIA
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BOGDAN I
La Moldavia ha le sue origini sotto il regno di Dragos, un governatore al servizio degli Ungheresi d'Angio' per controllare le invasioni Mongole. La figura che pero' ha reso indipendente la Moldavia e' quella di Bogdan I, un nobile Transilvano proveniente da Maramures che ribellatosi ai D'Angio' istitui' il Principato nei territori che andavano dai Carpazi al Fiume Nistro. Il suo Principato inizio' nel 1359 e si concluse nel 1365. Il principato si espanse poi sotto i Roman I e i suoi Successori. Il Principato pero' conobbe le sue massime espansioni durante l'Epopea di Stefan cel Mare (Stefano il Grande) dal 1457 al 1504, arrivando a formare un vasto Dominio che partiva dai Carpazi a Ovest al fiume Nistro a est, il Mar nero a Sud e la Bucovina al nord. Stefano seppe difendere il suo territorio contro le ingerenze Ungheresi, Turche e Polacche diventando famoso per le sue guerre contro i Turchi tanto che Papa Sisto IV lo nomino' "Verus Christianae fidei Athleta" (vero campione della fede Cristiana) .
Stefan cel Mare (Stefano il Grande) e la decadenza della Moldavia
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STEFANO IL GRANDE - STEFAN CEL MARE
Stefano riusci' a bloccare l'invasione rel Re di Ungheria Mattia Corvino organizzando un esercito di contadini di 50.000 uomini e col quale in seguito stipulo' un accordo anti turco, In seguito invase poi la Valacchia nel 1471 quando essa era in mano ai Turchi dopo l'abbandono di Vlad III e gli sconfisse, inizio' quindi la sua crociata contro l'Impero Ottomano ma nonostante le sue richieste di aiuto al Papa e altri potenti gli venne riconosciuto dal Pontefice solo l'epiteto di Campione della fede Cristiana ma non gli aiuti economici e di forza da lui invocati. Solo nel 1494 si accordo' con il Re di Polonia Goivanni Alberto I di Polonia che riusci' ad organizzare un armata di 80.000 uomini, putroppo invece di rivolgersi ai Turchi scoppio' una guerra polacco - moldava per il possesso dei territori della Galizia, comunque Stefano riusci a sconfiggere Giovanni Alberto, ma non a stroncarlo. Oppresso dalla Polonia, Stefano stipulo' un accordo di pace nel 1503 con il Sultano Bayezid II che garanti' alla Moldavia l'Indipendenza in cambio di un tributo annuale. Malato ad una gamba da una vecchia ferita mai guarita e afflitto dal male del tempo, la gotta, Stefano si corcondo' di medici e guaritori fra i quali i Veneziani Matteo Muriano e Hieronimo di Cesena, il 30 giugno 1504 venne cercato di opeare la gamba a Suceava tramite cauterizzazione, ma questo intervento debilito' il Principe che mori' il 2 luglio 1504. Dopo la Sua morte guerre di successione indebolirono la Moldavia che cadde sotto il dominio turco per i successivi 300 anni, venne inoltre a fasi alterne invasa dai Tatari e dai Russi. Solo per un periodo di un anno la Moldavia riconquisto' la sua indipendenza nell'unificazione portata da Michele il Coraggioso (Mihai Viteazu). Stefano e' Stato dichiarato Santo dalla Chiesa Ortodossa agli inizi del XX secolo grazie anche al pagamento ai Turchi per la liberazione del Monte Athos, simbolo della Religione Ortodossa.
LA TRANSILVANIA
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GIOVANNI HUNYADI
La storia della Transilvania durante l'Alto Medioevo è difficile da accertare a causa della scarsità di documenti attendibili o di testimonianze archeologiche. Ci sono due principali teorie in conflitto tra loro riguardo a se la popolazione dacica romanizzata abbia continuato a vivere nei boschi della Transilvania dopo il ritiro dei romani nel 271 e se pertanto i daci barbari fossero presenti o no in questa regione al tempo delle Invasioni Barbariche, in particolare nel periodo di conquista magiara nel IX - X secolo, e se i daci stessi possono essere considerati gli antenati dei rumeni di oggi (vedi anche origine dei Rumeni). Queste ipotesi sono spesso usate dai rumeni per giustificare l'annessione della Transilvania alla odierna Romania dopo la fine della prima guerra mondiale con il trattato di Trianon.
Nell'anno 1000 Vajk, Principe di Ungheria, giura lealtà al Papa e diventa re sotto il nome di Stefano I di Ungheria, adottando il Cristianesimo e cristianizzando gli ungheresi. Lo zio materno di Stefano, Gyula, reggente della Transilvania, si contrappose al nuovo re dando rifugio ai suoi avversari. Gyula mantenne anche il controllo delle importanti miniere di sale transilvane. Nel 1003, Stefano condusse un esercito contro Gyula il quale si arrese senza combattere. Ciò rese possibile l'organizzazione dell'episcopato cattolico in Transilvania, che si concluse nel 1009 quando il vescovo di Ostia, come legato del Papa fece visita a Stefano; assieme approvarono la divisione delle diocesi ed i loro confini. Il potere dei Re di Ungheria sulla Transilvania fu consolidato nel XII e XIII secolo.
Nel XII e nel XIII secolo, le aree del sud e nel nord-est furono occupate da coloni di origine germanica, i Sassoni. Siebenbürgen, il nome tedesco per Transilvania, deriva dalle sette città fortificate principali dei cosiddetti Sassoni di Transilvania. L'influenza sassone diventò più marcata quando, ai primi del XIII secolo il re Andrea II di Ungheria fece appello ai Cavalieri dell'Ordine Teutonico per difendere il Burzenland dai Cumani, i quali furono seguiti dai Mongoli nel 1241. I Cumani si convertirono al cristianesimo e dopo essere stati sconfitti dai Mongoli, cercarono rifugio in Transilvania. Erzsebet, una principessa cumana, sposò Stefano V di Ungheria nel 1254.
L'amministrazione della Transilvania fu nelle mani di un Principe, che dalla seconda metà del XIII secolo controllava l'intera regione.
Dopo il soffocamento della rivolta di Budai Nagy Antal nel 1437, il sistema politico si basò sulla “Unio Trium Natiorum” (L'unità dei tre popoli). Gli Ungheresi, i Siculi e i Sassoni. Tuttavia ciò corrispose ad una divisione sociale e religiosa piuttosto che etnica. I rumeni erano ortodossi, ma per avere il diritto di possedere terreni o accedere alla nobiltà dovevano convertirsi al cettolicesimo; solo in questo modo sarebbero stati accettati nel sistema. In altre parole solo pochi rumeni entrarono a far parte della nobiltà dopo la conversione al cattolicesimo.
Una figura chiave che emerse in Transilvania nella prima metà del XV secolo fu Giovanni Hunyadi. A Hunyadi, per i suoi servigi, furono conferiti numerosi patrimoni ed un posto al consiglio reale di Sigismondo re d'Ungheria e imperatore del Sacro Romano Impero. Dopo aver supportato la candidatura di Ladislao III di Ungheria al trono d'Ungheria, fu ricompensato nel 1440 con il grado di capitano della fortezza di Nándorfehérvár (Belgrado) e il voivodato di Transilvania. I suoi successivi sforzi militari contro l'Impero Ottomano gli fecero guadagnare lo status di governatore d'Ungheria nel 1446 e il riconoscimento papale di Principe di Transilvania nel 1448. Giovanni Hunyadi e' stao il padre di Mattia Corvino re d'Ungheria.
Nell'anno 1000 Vajk, Principe di Ungheria, giura lealtà al Papa e diventa re sotto il nome di Stefano I di Ungheria, adottando il Cristianesimo e cristianizzando gli ungheresi. Lo zio materno di Stefano, Gyula, reggente della Transilvania, si contrappose al nuovo re dando rifugio ai suoi avversari. Gyula mantenne anche il controllo delle importanti miniere di sale transilvane. Nel 1003, Stefano condusse un esercito contro Gyula il quale si arrese senza combattere. Ciò rese possibile l'organizzazione dell'episcopato cattolico in Transilvania, che si concluse nel 1009 quando il vescovo di Ostia, come legato del Papa fece visita a Stefano; assieme approvarono la divisione delle diocesi ed i loro confini. Il potere dei Re di Ungheria sulla Transilvania fu consolidato nel XII e XIII secolo.
Nel XII e nel XIII secolo, le aree del sud e nel nord-est furono occupate da coloni di origine germanica, i Sassoni. Siebenbürgen, il nome tedesco per Transilvania, deriva dalle sette città fortificate principali dei cosiddetti Sassoni di Transilvania. L'influenza sassone diventò più marcata quando, ai primi del XIII secolo il re Andrea II di Ungheria fece appello ai Cavalieri dell'Ordine Teutonico per difendere il Burzenland dai Cumani, i quali furono seguiti dai Mongoli nel 1241. I Cumani si convertirono al cristianesimo e dopo essere stati sconfitti dai Mongoli, cercarono rifugio in Transilvania. Erzsebet, una principessa cumana, sposò Stefano V di Ungheria nel 1254.
L'amministrazione della Transilvania fu nelle mani di un Principe, che dalla seconda metà del XIII secolo controllava l'intera regione.
Dopo il soffocamento della rivolta di Budai Nagy Antal nel 1437, il sistema politico si basò sulla “Unio Trium Natiorum” (L'unità dei tre popoli). Gli Ungheresi, i Siculi e i Sassoni. Tuttavia ciò corrispose ad una divisione sociale e religiosa piuttosto che etnica. I rumeni erano ortodossi, ma per avere il diritto di possedere terreni o accedere alla nobiltà dovevano convertirsi al cettolicesimo; solo in questo modo sarebbero stati accettati nel sistema. In altre parole solo pochi rumeni entrarono a far parte della nobiltà dopo la conversione al cattolicesimo.
Una figura chiave che emerse in Transilvania nella prima metà del XV secolo fu Giovanni Hunyadi. A Hunyadi, per i suoi servigi, furono conferiti numerosi patrimoni ed un posto al consiglio reale di Sigismondo re d'Ungheria e imperatore del Sacro Romano Impero. Dopo aver supportato la candidatura di Ladislao III di Ungheria al trono d'Ungheria, fu ricompensato nel 1440 con il grado di capitano della fortezza di Nándorfehérvár (Belgrado) e il voivodato di Transilvania. I suoi successivi sforzi militari contro l'Impero Ottomano gli fecero guadagnare lo status di governatore d'Ungheria nel 1446 e il riconoscimento papale di Principe di Transilvania nel 1448. Giovanni Hunyadi e' stao il padre di Mattia Corvino re d'Ungheria.
IL PRINCIPATO DI TRANSILVANIA
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STEFANO BOCSAY
Dopo la morte del Re Luigi II nella battaglia di Mohacs (1526), combattuta contro gli Ottomani, l'ascesa di Ferdinando d'Austria al trono ungherese fu ostacolata dal governatore della Transilvania, Giovanni Zapolya; nella conseguente lotta dinastica s'inserì anche Solimano Il magnifico, che dopo la morte di Zapolya occupò l'Ungheria centrale con l'intenzione di supportare la causa del figlio del precedente governatore, Giovanni Sigismondo. Il 13 gennaio 1568 la Dieta di Transilvania riunitasi a Turda dichiarò la piena libertà religiosa. Nessuno poteva essere perseguitato o menomato per causa della sua confessione. Questa legge rimase uno dei capisaldi dell'identità transilvana.
La situazione si risolse con la tripartizione del paese, che lasciò la Transilvania semi-indipendente e, nel 1571, i Báthory presero il controllo della regione ed instaurarono il Principato. Il suo dominio si tradusse nella sostanziale difesa delle libertà religiose della popolazione, mentre il Principato era in conflitto con gli austriaci, gli ottomani ed il principe di Valacchia Micheli il Coraggioso (Mihai Viteazu). Quest'ultimo prese possesso della Transilvania e la unì con i Principati di Moldavia e Valacchia; tuttavia l'unificazione fu rapidamente sovvertita dagli Asburgo che, con un esercito mercenario condotto dal generale Giorgio Basta, eliminarono il principe Michele ed instaurarono un governo autoritario, il quale si prodigò nel restituire ogni dominio alla nobiltà e restaurare il cattolicesimo mediante la controriforma.
Il Principato di Transilvania riacquistò tuttavia la propria indipendenza fra il 1604 e il 1606, quando il calvinista Stefano Bocksay condusse con successo una ribellione contro il governo austriaco e fu eletto principe di Transilvania (5 arile 1603). La dinastia che ne seguì condusse il Principato attraverso un periodo di massimo sviluppo, riuscendo ad ampliare i propri domini a sette contee dell'Ungheria settentrionale.
La sconfitta turca nella Battaglia di Vienna sancì il progressivo ritorno della zona della Transilvania sotto il controllo austriaco, che attraverso gli organi del cattolicesimo iniziò ad incrinare i rapporti fra protestanti e cattolici, riducendo inoltre l'influenza della nobiltà protestante. Il graduale scollarsi delle diverse dimensioni sociali del Principato e l'unificazione della Chiesa ortodossa di Transilvania con la Chiesa cattolica testimoniarono la perdita d'indipendenza della Transilvania, che nel 1711 perse il Principato per essere sottoposta al controllo di governatori asburgici.
La situazione si risolse con la tripartizione del paese, che lasciò la Transilvania semi-indipendente e, nel 1571, i Báthory presero il controllo della regione ed instaurarono il Principato. Il suo dominio si tradusse nella sostanziale difesa delle libertà religiose della popolazione, mentre il Principato era in conflitto con gli austriaci, gli ottomani ed il principe di Valacchia Micheli il Coraggioso (Mihai Viteazu). Quest'ultimo prese possesso della Transilvania e la unì con i Principati di Moldavia e Valacchia; tuttavia l'unificazione fu rapidamente sovvertita dagli Asburgo che, con un esercito mercenario condotto dal generale Giorgio Basta, eliminarono il principe Michele ed instaurarono un governo autoritario, il quale si prodigò nel restituire ogni dominio alla nobiltà e restaurare il cattolicesimo mediante la controriforma.
Il Principato di Transilvania riacquistò tuttavia la propria indipendenza fra il 1604 e il 1606, quando il calvinista Stefano Bocksay condusse con successo una ribellione contro il governo austriaco e fu eletto principe di Transilvania (5 arile 1603). La dinastia che ne seguì condusse il Principato attraverso un periodo di massimo sviluppo, riuscendo ad ampliare i propri domini a sette contee dell'Ungheria settentrionale.
La sconfitta turca nella Battaglia di Vienna sancì il progressivo ritorno della zona della Transilvania sotto il controllo austriaco, che attraverso gli organi del cattolicesimo iniziò ad incrinare i rapporti fra protestanti e cattolici, riducendo inoltre l'influenza della nobiltà protestante. Il graduale scollarsi delle diverse dimensioni sociali del Principato e l'unificazione della Chiesa ortodossa di Transilvania con la Chiesa cattolica testimoniarono la perdita d'indipendenza della Transilvania, che nel 1711 perse il Principato per essere sottoposta al controllo di governatori asburgici.
PERIODO RINASCIMENTALE
Nel Rinascimento, dal 1476 la Valacchia, dal 1538 la Moldavia, dopo il 1547 la Transilvania, erano diventati vassalli dell'Impero ottomano. Durante la Guerra della Sacra Lega, gli Imperiali sconfissero ripetutamente i Turchi ed entrarono in Transilvania e se ne assicurarono una parte con la pace del 1699. Nel corso della Guerra di Morea gli Imperiali ampliarono e rafforzarono la loro presenza in Transilvania fino a Timisoara, facendola dipendere dal Regno di Ungheria, per cui la regione sarebbe rimasta sotto dominio asburgico come parte dell'Ungheria fino al 1918, quando passò al Regno di Romania.
Nel Rinascimento, dal 1476 la Valacchia, dal 1538 la Moldavia, dopo il 1547 la Transilvania, erano diventati vassalli dell'Impero ottomano. Durante la Guerra della Sacra Lega, gli Imperiali sconfissero ripetutamente i Turchi ed entrarono in Transilvania e se ne assicurarono una parte con la pace del 1699. Nel corso della Guerra di Morea gli Imperiali ampliarono e rafforzarono la loro presenza in Transilvania fino a Timisoara, facendola dipendere dal Regno di Ungheria, per cui la regione sarebbe rimasta sotto dominio asburgico come parte dell'Ungheria fino al 1918, quando passò al Regno di Romania.
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L'INDIPENDENZA
La Romania nacque quando il Principato di Moldavia e quello di Valacchia si unirono il 24 gennaio 1859 conferendo il principato unico ad Alexandru Ioan Cuza (già principe di Moldavia), e diventarono indipendenti nel 1877. Fu conseguita l'unità nazionale dopo la Prima Guerra Mondiale, quando Transilvania, Bucovina e Bessarabia furono inglobate.
ALEXANDRU IOAN CUZA
Nato a Barlad, Cuza apparteneva ad una famiglia nobile di boiardi della Moldavia, figlio di Ispravnic Ioan Cuza (proprietario terriero nella Contea di Falciu ) e di sua moglie Sultana (o Soltana), membro della Famiglia Cozadini di origini fanariote. Alexandru ricevette un'educazione europea divenendo poi ufficiale nell'esercito moldavo (raggiunse il rango di colonnello). Sposò l'italiana Elena Rossettii nel 1844.
Nel 1848, l'anno delle rivoluzioni Europee, Moldavia e Valacchia diedero vita a rivolte locali. La Rivoluziono Moldava del 1848 venne soppressa in breve, ma in Valacchia le rivoluzioni ebbero maggior fortuna e riuscirono a reggere per tutta l'estate. Il giovane Cuza giocò un ruolo di rilievo a sostegno del liberalismo durante l'episodio moldavo e venne poi portato come prigioniero a Vienna, da dove tentò di fuggire col supporto inglese.
Ritornato in patria durante il regno del principe Grigore Alexandru Ghica, egli divenne ministro della guerra per la Moldavia nel 1858 rappresentando anche Galati nel divan ad hoc a Iasi. Cuza agì in maniera piuttosto indipendente sotto garanzia delle Grandi Potenze europee nell'ambito della Guerra di Crimea ottenendo riconoscimenti da parte del principe di Moldavia. Cuza era un oratore notevole nei dibattiti e fu tra i primi a promuovere l'unione di Valacchia e Moldavia. Egli venne quindi nominato quale candidato ideale per entrambi i principati dal movimento unionista Partida Nationala (approfittando dell'ambiguità del testo del Trattato di Parigi del 1856). Cuza venne infine eletto principe di Moldavia il 17 gennaio 1859 ed il 5 febbraio 1859 venne eletto anche principe di Valacchia.
Pur non avendo avuto figli dalla moglie Elena Rossetti, ella scelse di allevare come suoi i figli avuti avuti dal marito con la sua amante Elena maria Catargu Orenovic: Alexandru al. Ioan Cuza(1864–1889), e Dimitrie Cuza (1865–1888).
GLI SFORZI DIPLOMATICI
Una volta che Cuza ebbe raggiunto de facto l'unione dei due principati, le Potenze europee si appoggiarono al forte sostegno di Napoleone III di Francia, mentre i ministri austriaci ritirarono la loro approvazione all'unione al Congresso di Parigi (18 ottobre 1858); in parte per questa causa, l'autorità di Cuza non venne riconosciuta dal suo sovrano nominale, il sultano ottomano Abdulaziz, sino al 23 dicembre 1861, (e anche ad allora l'unione venne accettata con l'intesa di rimanere valida sino alla morte di Cuza).
L'unione venne ufficialmente dichiarata tre anni più tardi, il 5 febbraio 1862, dando alla regione il nome di Romania, con Bucarest quale nuova capitale.
Cuza apportò tutti i suoi sforzi diplomatici nell'ottenere sempre più concessioni dalle Potenze: l'assenso del sultano alla formazione di un unico Parlamento Unificiato ed alla concessione della nomina di un proprio primo Ministro, furono tra gli atti principali del governo di Cuza nel cambiamento dello stato. Per questo motivo egli ancora oggi è il personaggio chiave che incarna l'indipendenza e la formazione della Romania.
LE RIFORME
Assistito dal consigliere Mihail Kogalniceanu, leader intellettuale della rivoluzione del 1848, Cuza iniziò una serie di riforme che contribuirono alla modernizzazione della società e dello stato rumeno.
Tra le sue prime misure egli cercò di incrementare le risorse del suo paese e le rendite statali attraverso la "Secolarizzazione" (confisca) delle proprieta' Monastiche in Romania (1863). Circa un quarto delle terre agricole della Romania era infatti controllata dalla chiesa ortodossa attraverso monasteri locali che inviavano poi le proprie rendite ai monasteri centrali del Monte Athos e di Gerusalemme. Cuza ebbe l'approvazione del parlamento all'espropriazione di queste terre ed egli offrì in cambio la costituzione di una chiesa ecumenica nazionale, ma il patriarca Sofronio III di Costantinopoli si rifiutò di negoziare; dopo diversi anni, il governo rumeno ritirò la propria offerta senza alcun compenso in cambio. Le rendite statali vennero fortemente aumentate anche grazie alla possibilità di imporre tasse su più terra.
La riforma agricola liberò i contadini dalle ultime corvee' rimaste in Romania, affrancando i loro movimenti e promuovendo la ridistribuzione della terra (1864), che però non ebbe egual successo. Nel tentativo di crearsi un valido supporto proprio nei contadini, Cuza si trovò presto in conflitto coi Conservatori. Una legge liberale che garantisse ai contadini il possesso della terra e la sua lavorazione venne bocciata in parlamento. I Conservatori risposero a questa legge con la proposta di porre fine a tutti i doveri gratuiti dovuti dai contadini, ma di lasciare il possesso della terra ai proprietari terrieri. Il veto di Cuza portò ad un plebiscito per cambiare la Convenzione di Parigi (la costituzione virtuale che lo stato aveva), come aveva fatto Napoleone III.
Il suo piano per formare un suffragio unicersale maschile, assieme alla volontà di fortificare il proprio ruolo come principe regnante, passò per 682.621 contro 1.307. Egli successivamente governò il paese sotto la provvisione dello Statutul dezvoltător al Convenţiei de la Paris ("Statuto espanso della Convenzione di Parigi"), una legge organica adottata il 15 luglio 1864. Con questi nuovi poteri plenari, Cuza promulgò la legge agraria del 1863. I contadini ricevettero la possibilità di possedere la terra che lavoravano, mentre i proprietari terrieri ne avrebbero mantenuto la proprietà per massimo un terzo. Dal momento che però non vi era terra sufficiente per consentire di creare fattorie autonome e indipendenti all'insegna di questa formula, le terre statali (confiscate ai monasteri) vennero utilizzate per essere date ai proprietari come compensazione.
Malgrado il tentativo del gabinetto di governo di Lascar Catargiu di forzare la transizione per il mantenimento di alcune corvée, le riforme di Cuza marcarono profondamente la sparizione della classe dei boiardi come gruppo privilegiato, e portò ad incanalare le energie nel capitalismo e nell'industrializzazione; nel medesimo periodo, ad ogni modo, la terra venne distribuita in porzioni troppo limitate ed il problema divenne stringente nei decenni successivi dal momento che i contadini preferirono vendere i loro terreni perché insufficienti al mantenimento delle loro famiglie.
Le riforme di Cuza inclusero anche l'adozione del codice civile e del codice penale ispirato al Codice Napoleonico (1864), una legge sull'educazione che stabilì l'obbligatorietà delle scuole primarie per tutti i bambini rumeni. Egli fondò inoltre l' Universita' di Iasi (1860) e l'Universita' di Bucarest (1864), ed aiutò significativamente lo sviluppo in senso occidentale dell'esercito rumeno, in stretta collaborazione con la Francia napoleonica. Egli fu il fondatore della Marina Rumena.
LA CADUTA E L'ESILIO
Cuza fallì nel suo tentativo di creare un'alleanza tra contadini ricchi e principi liberali, governando con benevolente autorità nello stile di Napoleone III. Dovendo rapportarsi quotidianamente col gruppo dei Burocrati di palazzo, Cuza iniziò a trovare profonda opposizione nella sua riforma terriera ed egli iniziò ad essere sempre meno considerato dai proprietari terrieri di cui palesemente non stava più sostenendo la causa, pur essendo per nascita uno di loro. Unitamente al dissesto finanziario, altro fattore di scandalo fu l'amante di Cuza, Maria Catargi-Obrenovic, che era vista come donna infida e sua consigliera principale.
Queste tensioni culminarono in un colpo di stato e Cuza venne costretto ad abdicare nella cosiddetta "Mostruosa Coalizione" di Conservatori e Liberali. Alle 4.00 di mattina del 22 febbraio 1866, un gruppo di cospiratori militari irruppe nel palazzo del principe e lo costrinse a firmare l'atto di abdicazione. Il giorno successivo egli venne condotto sano e salvo alla frontiera.
Il suo successore, il principe tedesco Carlo di Hoenzollern-Sigmaringen, venne proclamato Domnitor col nome di Carol I di Romania il 20 aprile 1866. L'elezione di un principe straniero collegato per legami di sangue alle principali case principesche d'Europa, legittimizzò l'indipendenza della Romania (che Carol poté attuare dopo la Guerra Russo-Turca ).
Malgrado la partecipazione di Ion Bratianu e di altri capi del futuro Partito Nazional Liberale al rovesciamento di Cuza, egli rimase per la nazione rumena un eroe dell'ala radicale e repubblicana del paese. In verità Brătianu in quanto francofilo era nettamente opposto alle ragioni addotte poi dal monarca prussiano e fu lui a fomentare dall'esilio delle rivolte contro il nuovo principe Carol a Bucarest durante la Guerra Franco-Prussiana. Egli tentò anche di realizzare un colpo di stato con l'esperienza della Repubblica di Ploiesti nell'agosto del 1870, ma il conflitto si risolse con un compromesso tra Brătianu e Carol, con la formazione di un lungo gabinetto di governo liberale.
Cuza trascorse il resto della sua vita in esilio, in gran parte a Parigi, Vienna e Wiesbaden, accompagnato dalla moglie, dall'amante e dai suoi due figli. Morì ad Heidelberg. Le sue spoglie vennero sepolte nella sua residenza privata di Ruginoasa, ma vennero poi spostate nella Cattedrale dei Tre Ierarhi dopo la seconda guerra mondiale.
La Romania nacque quando il Principato di Moldavia e quello di Valacchia si unirono il 24 gennaio 1859 conferendo il principato unico ad Alexandru Ioan Cuza (già principe di Moldavia), e diventarono indipendenti nel 1877. Fu conseguita l'unità nazionale dopo la Prima Guerra Mondiale, quando Transilvania, Bucovina e Bessarabia furono inglobate.
ALEXANDRU IOAN CUZA
Nato a Barlad, Cuza apparteneva ad una famiglia nobile di boiardi della Moldavia, figlio di Ispravnic Ioan Cuza (proprietario terriero nella Contea di Falciu ) e di sua moglie Sultana (o Soltana), membro della Famiglia Cozadini di origini fanariote. Alexandru ricevette un'educazione europea divenendo poi ufficiale nell'esercito moldavo (raggiunse il rango di colonnello). Sposò l'italiana Elena Rossettii nel 1844.
Nel 1848, l'anno delle rivoluzioni Europee, Moldavia e Valacchia diedero vita a rivolte locali. La Rivoluziono Moldava del 1848 venne soppressa in breve, ma in Valacchia le rivoluzioni ebbero maggior fortuna e riuscirono a reggere per tutta l'estate. Il giovane Cuza giocò un ruolo di rilievo a sostegno del liberalismo durante l'episodio moldavo e venne poi portato come prigioniero a Vienna, da dove tentò di fuggire col supporto inglese.
Ritornato in patria durante il regno del principe Grigore Alexandru Ghica, egli divenne ministro della guerra per la Moldavia nel 1858 rappresentando anche Galati nel divan ad hoc a Iasi. Cuza agì in maniera piuttosto indipendente sotto garanzia delle Grandi Potenze europee nell'ambito della Guerra di Crimea ottenendo riconoscimenti da parte del principe di Moldavia. Cuza era un oratore notevole nei dibattiti e fu tra i primi a promuovere l'unione di Valacchia e Moldavia. Egli venne quindi nominato quale candidato ideale per entrambi i principati dal movimento unionista Partida Nationala (approfittando dell'ambiguità del testo del Trattato di Parigi del 1856). Cuza venne infine eletto principe di Moldavia il 17 gennaio 1859 ed il 5 febbraio 1859 venne eletto anche principe di Valacchia.
Pur non avendo avuto figli dalla moglie Elena Rossetti, ella scelse di allevare come suoi i figli avuti avuti dal marito con la sua amante Elena maria Catargu Orenovic: Alexandru al. Ioan Cuza(1864–1889), e Dimitrie Cuza (1865–1888).
GLI SFORZI DIPLOMATICI
Una volta che Cuza ebbe raggiunto de facto l'unione dei due principati, le Potenze europee si appoggiarono al forte sostegno di Napoleone III di Francia, mentre i ministri austriaci ritirarono la loro approvazione all'unione al Congresso di Parigi (18 ottobre 1858); in parte per questa causa, l'autorità di Cuza non venne riconosciuta dal suo sovrano nominale, il sultano ottomano Abdulaziz, sino al 23 dicembre 1861, (e anche ad allora l'unione venne accettata con l'intesa di rimanere valida sino alla morte di Cuza).
L'unione venne ufficialmente dichiarata tre anni più tardi, il 5 febbraio 1862, dando alla regione il nome di Romania, con Bucarest quale nuova capitale.
Cuza apportò tutti i suoi sforzi diplomatici nell'ottenere sempre più concessioni dalle Potenze: l'assenso del sultano alla formazione di un unico Parlamento Unificiato ed alla concessione della nomina di un proprio primo Ministro, furono tra gli atti principali del governo di Cuza nel cambiamento dello stato. Per questo motivo egli ancora oggi è il personaggio chiave che incarna l'indipendenza e la formazione della Romania.
LE RIFORME
Assistito dal consigliere Mihail Kogalniceanu, leader intellettuale della rivoluzione del 1848, Cuza iniziò una serie di riforme che contribuirono alla modernizzazione della società e dello stato rumeno.
Tra le sue prime misure egli cercò di incrementare le risorse del suo paese e le rendite statali attraverso la "Secolarizzazione" (confisca) delle proprieta' Monastiche in Romania (1863). Circa un quarto delle terre agricole della Romania era infatti controllata dalla chiesa ortodossa attraverso monasteri locali che inviavano poi le proprie rendite ai monasteri centrali del Monte Athos e di Gerusalemme. Cuza ebbe l'approvazione del parlamento all'espropriazione di queste terre ed egli offrì in cambio la costituzione di una chiesa ecumenica nazionale, ma il patriarca Sofronio III di Costantinopoli si rifiutò di negoziare; dopo diversi anni, il governo rumeno ritirò la propria offerta senza alcun compenso in cambio. Le rendite statali vennero fortemente aumentate anche grazie alla possibilità di imporre tasse su più terra.
La riforma agricola liberò i contadini dalle ultime corvee' rimaste in Romania, affrancando i loro movimenti e promuovendo la ridistribuzione della terra (1864), che però non ebbe egual successo. Nel tentativo di crearsi un valido supporto proprio nei contadini, Cuza si trovò presto in conflitto coi Conservatori. Una legge liberale che garantisse ai contadini il possesso della terra e la sua lavorazione venne bocciata in parlamento. I Conservatori risposero a questa legge con la proposta di porre fine a tutti i doveri gratuiti dovuti dai contadini, ma di lasciare il possesso della terra ai proprietari terrieri. Il veto di Cuza portò ad un plebiscito per cambiare la Convenzione di Parigi (la costituzione virtuale che lo stato aveva), come aveva fatto Napoleone III.
Il suo piano per formare un suffragio unicersale maschile, assieme alla volontà di fortificare il proprio ruolo come principe regnante, passò per 682.621 contro 1.307. Egli successivamente governò il paese sotto la provvisione dello Statutul dezvoltător al Convenţiei de la Paris ("Statuto espanso della Convenzione di Parigi"), una legge organica adottata il 15 luglio 1864. Con questi nuovi poteri plenari, Cuza promulgò la legge agraria del 1863. I contadini ricevettero la possibilità di possedere la terra che lavoravano, mentre i proprietari terrieri ne avrebbero mantenuto la proprietà per massimo un terzo. Dal momento che però non vi era terra sufficiente per consentire di creare fattorie autonome e indipendenti all'insegna di questa formula, le terre statali (confiscate ai monasteri) vennero utilizzate per essere date ai proprietari come compensazione.
Malgrado il tentativo del gabinetto di governo di Lascar Catargiu di forzare la transizione per il mantenimento di alcune corvée, le riforme di Cuza marcarono profondamente la sparizione della classe dei boiardi come gruppo privilegiato, e portò ad incanalare le energie nel capitalismo e nell'industrializzazione; nel medesimo periodo, ad ogni modo, la terra venne distribuita in porzioni troppo limitate ed il problema divenne stringente nei decenni successivi dal momento che i contadini preferirono vendere i loro terreni perché insufficienti al mantenimento delle loro famiglie.
Le riforme di Cuza inclusero anche l'adozione del codice civile e del codice penale ispirato al Codice Napoleonico (1864), una legge sull'educazione che stabilì l'obbligatorietà delle scuole primarie per tutti i bambini rumeni. Egli fondò inoltre l' Universita' di Iasi (1860) e l'Universita' di Bucarest (1864), ed aiutò significativamente lo sviluppo in senso occidentale dell'esercito rumeno, in stretta collaborazione con la Francia napoleonica. Egli fu il fondatore della Marina Rumena.
LA CADUTA E L'ESILIO
Cuza fallì nel suo tentativo di creare un'alleanza tra contadini ricchi e principi liberali, governando con benevolente autorità nello stile di Napoleone III. Dovendo rapportarsi quotidianamente col gruppo dei Burocrati di palazzo, Cuza iniziò a trovare profonda opposizione nella sua riforma terriera ed egli iniziò ad essere sempre meno considerato dai proprietari terrieri di cui palesemente non stava più sostenendo la causa, pur essendo per nascita uno di loro. Unitamente al dissesto finanziario, altro fattore di scandalo fu l'amante di Cuza, Maria Catargi-Obrenovic, che era vista come donna infida e sua consigliera principale.
Queste tensioni culminarono in un colpo di stato e Cuza venne costretto ad abdicare nella cosiddetta "Mostruosa Coalizione" di Conservatori e Liberali. Alle 4.00 di mattina del 22 febbraio 1866, un gruppo di cospiratori militari irruppe nel palazzo del principe e lo costrinse a firmare l'atto di abdicazione. Il giorno successivo egli venne condotto sano e salvo alla frontiera.
Il suo successore, il principe tedesco Carlo di Hoenzollern-Sigmaringen, venne proclamato Domnitor col nome di Carol I di Romania il 20 aprile 1866. L'elezione di un principe straniero collegato per legami di sangue alle principali case principesche d'Europa, legittimizzò l'indipendenza della Romania (che Carol poté attuare dopo la Guerra Russo-Turca ).
Malgrado la partecipazione di Ion Bratianu e di altri capi del futuro Partito Nazional Liberale al rovesciamento di Cuza, egli rimase per la nazione rumena un eroe dell'ala radicale e repubblicana del paese. In verità Brătianu in quanto francofilo era nettamente opposto alle ragioni addotte poi dal monarca prussiano e fu lui a fomentare dall'esilio delle rivolte contro il nuovo principe Carol a Bucarest durante la Guerra Franco-Prussiana. Egli tentò anche di realizzare un colpo di stato con l'esperienza della Repubblica di Ploiesti nell'agosto del 1870, ma il conflitto si risolse con un compromesso tra Brătianu e Carol, con la formazione di un lungo gabinetto di governo liberale.
Cuza trascorse il resto della sua vita in esilio, in gran parte a Parigi, Vienna e Wiesbaden, accompagnato dalla moglie, dall'amante e dai suoi due figli. Morì ad Heidelberg. Le sue spoglie vennero sepolte nella sua residenza privata di Ruginoasa, ma vennero poi spostate nella Cattedrale dei Tre Ierarhi dopo la seconda guerra mondiale.
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IL REGNO DI CARLO I
Carlo I di Romania, nato principe Karl Eitel Friedrich Zephyrinus Ludwig von Hoenzollern-Sigmaringen ( 20 aprile 1839 –10 ottobre 1914), nato come principe della casa di Hoenzollern-Sigmaringen, fu eletto Domnitor (Signore) di Romania nell'aprile1866, a seguito del rovesciamento del potere di Alexandru Ioan Cuza, e fu proclamato Redi Romania il 26 marzo 1881.
Fu il primo dei quattro sovrani della dinastia Hoenzollern-Sigmaringen, che regnò sulla nazione fino alla proclamazione della Repubblica alla fine del 1947.
Durante il suo regno, condusse personalmente le truppe rumene durante la guerra russo-turca del 1877-8 e assunse il comando dell'esercito russo-rumeno durante l'assedio di Pleven. La nazione raggiunse la piena indipendenza dall'Impero Ottomano con il Trattato di Berlino e acquisì la parte meridionale della Dobrogia dalla Bulgaria nel 1913. La politica interna era ancora dominata dalle ricche famiglie di proprietari terrieri organizzate contro il Partito Liberale e contro il Pertito Conservatore, che condussero le grandi rivolte dei contadini in Valacchia (parte meridionale della Romania) nell'aprile 1888 e in Moldavia (la metà settentrionale della Romania) nel marzo 1907.
Sposò Elisabeta di Wied nel 1869; la loro unica figlia, Maria, morì all'età di tre anni.
La mancanza di figli di Carlo lasciò il fratello maggiore Leopoldo primo in linea di successione. Nell'ottobre 1880 Leopoldo rinunciò al diritto di successione in favore del figlio Guglielmo, che a sua volta cedette il trono otto anni dopo al fratello minore, il futuro re Ferdinando.
VERSO LA ROMANIA
L'ex sovrano rumeno Alexandru Ioan Cuza era stato espulso dal Paese e la Romania era nel caos. Siccome la sua elezione era stata l'unica ragione dell'unione della Valacchia e della Moldavia all'interno del Principato Danubiano, la nazione correva il serio pericolo della dissoluzione.
Il giovane Carlo dovette viaggiare in incognito a causa del conflitto esistente tra il suo paese e l'Impero Austriaco. Viaggiò con il nome falso di Karl Hettingen e quando mise piede sul suolo rumeno, Brătianu gli si inginocchiò davanti e gli chiese di unirsi a lui nella carrozza (al tempo la Romania non disponeva di ferrovie).
Il 10 maggio 1866 Carlo entrò a Bucarest. La notizia del suo arrivo era stata trasmessa tramite telegrafo e il nuovo sovrano fu salutato da una grande folla, ansiosa di vederlo. A Baneasa gli furono consegnate le chiavi della città; come segno del destino, il suo arrivo fu salutato da una lunga pioggia dopo un lungo periodo di siccità. Il nuovo sovrano pronunciò il giuramento in Francese: "Giuro di difendere le leggi della Romania, di preservare i suoi diritti e l'integrità del suo territorio".
LA COSTITUZIONE
Immediatamente dopo l'arrivo nel Paese, il Parlamento della Romania adottò il 29 giugno 1866 la prima Costituzione, una delle più avanzate dell'epoca, in quanto permetteva lo sviluppo e la modernizzazione dello stato della Romania. Con una mossa audace, la Costituzione scelse di ignorare l'allora dipendenza della nazione dell'Impero Ottomano, costruendo la via per l'indipendenza.
L'articolo 82 diceva: "I poteri del sovrano sono ereditari e hanno inizio da Sua Maestà, il Principe Carlo I di Hohenzollern-Sigmaringen, in linea maschile attraverso il diritto del primogenito, con l'esclusione delle femmine e della loro prole. I discendenti di Sua Maestà dovranno essere allevati con religione Ortodossa orientale".
Dopo la proclamazione dell'indipendenza (1877), la Romania divenne uno stato sovrano a tutti gli effetti. Dal 1878 Carlo ebbe il titolo di Altezza Reale (Alteţă Regală). Il 15 marzo 1881 fu modificata la Costituzione per affermare, tra le altre cose, che da allora il Capo di Stato sarebbe stato chiamato Re, mentre l'erede sarebbe stato detto Principe reale. Nello stesso anno Carlo fu incoronato Re.
L'idea di base di tutte le costituzioni reali della Romania era che il re comanda senza governare.
Si ritiene che Carlo fosse una persona fredda, sempre attento al prestigio della dinastia che aveva fondato. La moglie, Elisabetta, diceva che il re portava la corona anche la notte; il sovrano era infatti molto meticoloso e cercava di imporre il proprio stile su tutti coloro che lo circondavano. Anche se devoto al suo ruolo di principe e re rumeno, non dimenticò mai le sue radici tedesche.
In 48 anni di regno (il regno più lungo di ogni principe rumeno mai esistito), aiutò la Romania a riconquistare l'indipendenza, aumentando il suo prestigio, ristabilendo l'economia e stabilendo una dinastia. Nel Carpazi, costruì il Castello di Peles, ancora oggi una delle attrazioni turistiche più attrattive. Il castello fu costruito in stile tedesco, in memoria delle origini del re, Durante il suo regno, furono costituite anche le prime università rumene a Iasi e a Bucarest. Dopo la guerra russo-turca, la Romania ebbe la Dobrugia e Carlo ordinò la costruzione del primo ponte sul Danubio, tra Fetesti e Cernavoda, collegando la provincia neo-acquisita con il resto del Paese.
LA FINE DEL REGNO
Il lungo regno di Carlo aiutò il veloce sviluppo dello stato rumeno, ma verso la fine del suo regno e con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, il re di origine tedesca volle entrare in guerra al fianco delle Potenze Centrali, mentre l'opinione pubblica rumena stava dalla parte della Triplice Intesa. Carlo aveva firmato un trattato segreto nel 1833 che aveva legato la Romania alla Triplice Alleanza, e anche se il trattato poteva essere attivato solo in caso di attacco da parte dell' Impero Russo verso uno degli stipulatori del trattato, Carlo fu convinto che la cosa più conveniente e onorevole da fare era quella di entrare in guerra a fianco dell'Impero Tedesco.
Carlo tenne una riunione di emergenza con i membri del governo, parlando loro del trattato segreto e esponendo le sue opinioni. Una delle cause della sua morte, avvenuta il 27 settembre/10 ottobre 1914 potrebbe essere dovuta al forte disaccordo che trovò nel governo. Il futuro re Ferdinando, sotto l'influenza della moglie Maria di Sassonia, principessa Britannica, fu meglio disposto ad ascoltare il volere dell'opinione pubblica.
Carlo I di Romania, nato principe Karl Eitel Friedrich Zephyrinus Ludwig von Hoenzollern-Sigmaringen ( 20 aprile 1839 –10 ottobre 1914), nato come principe della casa di Hoenzollern-Sigmaringen, fu eletto Domnitor (Signore) di Romania nell'aprile1866, a seguito del rovesciamento del potere di Alexandru Ioan Cuza, e fu proclamato Redi Romania il 26 marzo 1881.
Fu il primo dei quattro sovrani della dinastia Hoenzollern-Sigmaringen, che regnò sulla nazione fino alla proclamazione della Repubblica alla fine del 1947.
Durante il suo regno, condusse personalmente le truppe rumene durante la guerra russo-turca del 1877-8 e assunse il comando dell'esercito russo-rumeno durante l'assedio di Pleven. La nazione raggiunse la piena indipendenza dall'Impero Ottomano con il Trattato di Berlino e acquisì la parte meridionale della Dobrogia dalla Bulgaria nel 1913. La politica interna era ancora dominata dalle ricche famiglie di proprietari terrieri organizzate contro il Partito Liberale e contro il Pertito Conservatore, che condussero le grandi rivolte dei contadini in Valacchia (parte meridionale della Romania) nell'aprile 1888 e in Moldavia (la metà settentrionale della Romania) nel marzo 1907.
Sposò Elisabeta di Wied nel 1869; la loro unica figlia, Maria, morì all'età di tre anni.
La mancanza di figli di Carlo lasciò il fratello maggiore Leopoldo primo in linea di successione. Nell'ottobre 1880 Leopoldo rinunciò al diritto di successione in favore del figlio Guglielmo, che a sua volta cedette il trono otto anni dopo al fratello minore, il futuro re Ferdinando.
VERSO LA ROMANIA
L'ex sovrano rumeno Alexandru Ioan Cuza era stato espulso dal Paese e la Romania era nel caos. Siccome la sua elezione era stata l'unica ragione dell'unione della Valacchia e della Moldavia all'interno del Principato Danubiano, la nazione correva il serio pericolo della dissoluzione.
Il giovane Carlo dovette viaggiare in incognito a causa del conflitto esistente tra il suo paese e l'Impero Austriaco. Viaggiò con il nome falso di Karl Hettingen e quando mise piede sul suolo rumeno, Brătianu gli si inginocchiò davanti e gli chiese di unirsi a lui nella carrozza (al tempo la Romania non disponeva di ferrovie).
Il 10 maggio 1866 Carlo entrò a Bucarest. La notizia del suo arrivo era stata trasmessa tramite telegrafo e il nuovo sovrano fu salutato da una grande folla, ansiosa di vederlo. A Baneasa gli furono consegnate le chiavi della città; come segno del destino, il suo arrivo fu salutato da una lunga pioggia dopo un lungo periodo di siccità. Il nuovo sovrano pronunciò il giuramento in Francese: "Giuro di difendere le leggi della Romania, di preservare i suoi diritti e l'integrità del suo territorio".
LA COSTITUZIONE
Immediatamente dopo l'arrivo nel Paese, il Parlamento della Romania adottò il 29 giugno 1866 la prima Costituzione, una delle più avanzate dell'epoca, in quanto permetteva lo sviluppo e la modernizzazione dello stato della Romania. Con una mossa audace, la Costituzione scelse di ignorare l'allora dipendenza della nazione dell'Impero Ottomano, costruendo la via per l'indipendenza.
L'articolo 82 diceva: "I poteri del sovrano sono ereditari e hanno inizio da Sua Maestà, il Principe Carlo I di Hohenzollern-Sigmaringen, in linea maschile attraverso il diritto del primogenito, con l'esclusione delle femmine e della loro prole. I discendenti di Sua Maestà dovranno essere allevati con religione Ortodossa orientale".
Dopo la proclamazione dell'indipendenza (1877), la Romania divenne uno stato sovrano a tutti gli effetti. Dal 1878 Carlo ebbe il titolo di Altezza Reale (Alteţă Regală). Il 15 marzo 1881 fu modificata la Costituzione per affermare, tra le altre cose, che da allora il Capo di Stato sarebbe stato chiamato Re, mentre l'erede sarebbe stato detto Principe reale. Nello stesso anno Carlo fu incoronato Re.
L'idea di base di tutte le costituzioni reali della Romania era che il re comanda senza governare.
Si ritiene che Carlo fosse una persona fredda, sempre attento al prestigio della dinastia che aveva fondato. La moglie, Elisabetta, diceva che il re portava la corona anche la notte; il sovrano era infatti molto meticoloso e cercava di imporre il proprio stile su tutti coloro che lo circondavano. Anche se devoto al suo ruolo di principe e re rumeno, non dimenticò mai le sue radici tedesche.
In 48 anni di regno (il regno più lungo di ogni principe rumeno mai esistito), aiutò la Romania a riconquistare l'indipendenza, aumentando il suo prestigio, ristabilendo l'economia e stabilendo una dinastia. Nel Carpazi, costruì il Castello di Peles, ancora oggi una delle attrazioni turistiche più attrattive. Il castello fu costruito in stile tedesco, in memoria delle origini del re, Durante il suo regno, furono costituite anche le prime università rumene a Iasi e a Bucarest. Dopo la guerra russo-turca, la Romania ebbe la Dobrugia e Carlo ordinò la costruzione del primo ponte sul Danubio, tra Fetesti e Cernavoda, collegando la provincia neo-acquisita con il resto del Paese.
LA FINE DEL REGNO
Il lungo regno di Carlo aiutò il veloce sviluppo dello stato rumeno, ma verso la fine del suo regno e con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, il re di origine tedesca volle entrare in guerra al fianco delle Potenze Centrali, mentre l'opinione pubblica rumena stava dalla parte della Triplice Intesa. Carlo aveva firmato un trattato segreto nel 1833 che aveva legato la Romania alla Triplice Alleanza, e anche se il trattato poteva essere attivato solo in caso di attacco da parte dell' Impero Russo verso uno degli stipulatori del trattato, Carlo fu convinto che la cosa più conveniente e onorevole da fare era quella di entrare in guerra a fianco dell'Impero Tedesco.
Carlo tenne una riunione di emergenza con i membri del governo, parlando loro del trattato segreto e esponendo le sue opinioni. Una delle cause della sua morte, avvenuta il 27 settembre/10 ottobre 1914 potrebbe essere dovuta al forte disaccordo che trovò nel governo. Il futuro re Ferdinando, sotto l'influenza della moglie Maria di Sassonia, principessa Britannica, fu meglio disposto ad ascoltare il volere dell'opinione pubblica.
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FERDINANDO I
Nato a Sigmaringen, nella Germania sud-occidentale, il Principe Ferdinando di Hoenzollern-Sigmaringen era figlio del Principe Leopoldo Hoenzollern-Sigmaringen e dell' Infanta di Portogallo Antonia di Braganza, figlia della Regina Maria II e del consorte Ferdinando di Kohary, di origine Slovacca.
A seguito della rinuncia del padre e del fratello maggiore Guglielmo, il giovane Ferdinando divenne erede al trono dello zio Carlo I nel novembre 1888. Il Governo dellla Romania non richiese la sua conversione all'ortodossismo dal cattolicesimo, permettendogli di continuare a coltivare la sua religione natia; fu però richiesto che i figli fossero educati alla religione ortodossa, l'allora religione di stato della Romania.
Il cugino primo della madre di Ferdinando, Ferdinando I di Bulgaria, originariamente principe di Kohary, sedeva sul trono della vicina Bulgaria dal 1889, e stava per divenire il più grande avversario del regno dei suoi cugini rumeni. L' Imperatore Francesco Giuseppe di Austria e Ungheria e, pertanto, sovrano anche della Transilvania, provincia di maggioranza etnica rumena, era cugino primo della nonna di Ferdinando.
Nel 1893 il Principe della Corona Ferdinando sposò la lontana cugina Maria di Sassonia Coburgo Gotha, figlia del principe Alfredo Duca di Edimburgo e della granduchessa Marjia Alecksandrova Romanova . I nonni paterni erano Vittoria del Regno Unito e il Principe Albertro di Sassonia Coburgo Gotha. I nonni materni erano Alessandro II di Russia e Maria Alecksandrova; l'imperatore regnante della vicina Russia era il primo cugino di Maria, Nicola II di Russia.
RE DI ROMANIA
Ferdinando successe allo zio come Re di Romania il 10 ottobre 1914, regnando fino alla sua morte avvenuta il 20 luglio 1927.
Anche se membro del ramo cadetto della famiglia imperiale Tedesca Hoenzollern, Ferdinando fu per l'entrata nella prima guerra mondiale (avvenuta il 27 agosto 1916) a fianco della Triplice Intesa, contro le Potenze Centrali. Per questo motivo, si conquistò il soprannome di Leale, rispettando il giuramento che aveva prestato di fronte al Parlamento della Romania nel 1914:
« Regnerò da buon rumeno. »
Anche come conseguenza del "tradimento" verso le sue radici tedesche, l'Imperatore Guglielmo II fece cancellare il suo nome dal registro della Casata Hohenzollern.
Nonostante ciò che avvenne dopo l'entrata in guerra, quando la Dobrugia e la Valacchia furono occupate dagli Imperi Centrali, la Romania combatté contro di loro nel 1917/8 e riuscì a fermare l'avanzata tedesca in Moldavia. Quando i bolscevichi cercarono di ottenere la pace nel 1918, la Romania era circondata dagli Imperi Centrali e fu obbligata a giungere al Trattato di Bucarest, che Ferdinando rifiutò comunque di firmare. Quando l'avanzata alleata verso il fronte di Tessalonica spinse la Bulgaria fuori dalla guerra, Ferdinando ordinò la rimobilizzazione dell'esercito rumeno e la Romania rientrò in guerra a fianco della Triplice Intesa.
Il risultato dello sforzo bellico rumeno fu l'unione della Bessarabia, della Bucovina e della Transilvania all'interno del Regno di Romania nel 1918. Ferdinando divenne il sovrano di uno stato rumeno fortemente allargato, in seguito alla vittoria della Triplice Intesa sulle Potenze Centrali, dopo una guerra tra la Romania e la Repubblica Sovietica Ungherese e dopo la querra civile in Russia; fu incoronato Re di Romania con una cerimonia spettacolare il 15 ottobre 1922 nella storica sede principesca di Alba Iulia in Transilvania.
La politica interna durante il regno, dopo il termine della guerra Mondiale, fu dominata dal Partito Nazional Liberale, capeggiato dai fratelli Ion e Vintila Brantianu. L'acquisizione della Transilvania ironicamente allargò la base elettorale dell'opposizione, i cui principali partiti si unirono nel periodo gennaio 1925 - ottobre 1926 per formare il Partito Nazionale Contadino.
Ferdinando morì nel 1927 e fu succeduto dal nipote MIchele I, sottoposto a reggenza; la reggenza constava di tre membri, uno dei quali era il secondo figlio di Ferdinando, Nicola.
Nato a Sigmaringen, nella Germania sud-occidentale, il Principe Ferdinando di Hoenzollern-Sigmaringen era figlio del Principe Leopoldo Hoenzollern-Sigmaringen e dell' Infanta di Portogallo Antonia di Braganza, figlia della Regina Maria II e del consorte Ferdinando di Kohary, di origine Slovacca.
A seguito della rinuncia del padre e del fratello maggiore Guglielmo, il giovane Ferdinando divenne erede al trono dello zio Carlo I nel novembre 1888. Il Governo dellla Romania non richiese la sua conversione all'ortodossismo dal cattolicesimo, permettendogli di continuare a coltivare la sua religione natia; fu però richiesto che i figli fossero educati alla religione ortodossa, l'allora religione di stato della Romania.
Il cugino primo della madre di Ferdinando, Ferdinando I di Bulgaria, originariamente principe di Kohary, sedeva sul trono della vicina Bulgaria dal 1889, e stava per divenire il più grande avversario del regno dei suoi cugini rumeni. L' Imperatore Francesco Giuseppe di Austria e Ungheria e, pertanto, sovrano anche della Transilvania, provincia di maggioranza etnica rumena, era cugino primo della nonna di Ferdinando.
Nel 1893 il Principe della Corona Ferdinando sposò la lontana cugina Maria di Sassonia Coburgo Gotha, figlia del principe Alfredo Duca di Edimburgo e della granduchessa Marjia Alecksandrova Romanova . I nonni paterni erano Vittoria del Regno Unito e il Principe Albertro di Sassonia Coburgo Gotha. I nonni materni erano Alessandro II di Russia e Maria Alecksandrova; l'imperatore regnante della vicina Russia era il primo cugino di Maria, Nicola II di Russia.
RE DI ROMANIA
Ferdinando successe allo zio come Re di Romania il 10 ottobre 1914, regnando fino alla sua morte avvenuta il 20 luglio 1927.
Anche se membro del ramo cadetto della famiglia imperiale Tedesca Hoenzollern, Ferdinando fu per l'entrata nella prima guerra mondiale (avvenuta il 27 agosto 1916) a fianco della Triplice Intesa, contro le Potenze Centrali. Per questo motivo, si conquistò il soprannome di Leale, rispettando il giuramento che aveva prestato di fronte al Parlamento della Romania nel 1914:
« Regnerò da buon rumeno. »
Anche come conseguenza del "tradimento" verso le sue radici tedesche, l'Imperatore Guglielmo II fece cancellare il suo nome dal registro della Casata Hohenzollern.
Nonostante ciò che avvenne dopo l'entrata in guerra, quando la Dobrugia e la Valacchia furono occupate dagli Imperi Centrali, la Romania combatté contro di loro nel 1917/8 e riuscì a fermare l'avanzata tedesca in Moldavia. Quando i bolscevichi cercarono di ottenere la pace nel 1918, la Romania era circondata dagli Imperi Centrali e fu obbligata a giungere al Trattato di Bucarest, che Ferdinando rifiutò comunque di firmare. Quando l'avanzata alleata verso il fronte di Tessalonica spinse la Bulgaria fuori dalla guerra, Ferdinando ordinò la rimobilizzazione dell'esercito rumeno e la Romania rientrò in guerra a fianco della Triplice Intesa.
Il risultato dello sforzo bellico rumeno fu l'unione della Bessarabia, della Bucovina e della Transilvania all'interno del Regno di Romania nel 1918. Ferdinando divenne il sovrano di uno stato rumeno fortemente allargato, in seguito alla vittoria della Triplice Intesa sulle Potenze Centrali, dopo una guerra tra la Romania e la Repubblica Sovietica Ungherese e dopo la querra civile in Russia; fu incoronato Re di Romania con una cerimonia spettacolare il 15 ottobre 1922 nella storica sede principesca di Alba Iulia in Transilvania.
La politica interna durante il regno, dopo il termine della guerra Mondiale, fu dominata dal Partito Nazional Liberale, capeggiato dai fratelli Ion e Vintila Brantianu. L'acquisizione della Transilvania ironicamente allargò la base elettorale dell'opposizione, i cui principali partiti si unirono nel periodo gennaio 1925 - ottobre 1926 per formare il Partito Nazionale Contadino.
Ferdinando morì nel 1927 e fu succeduto dal nipote MIchele I, sottoposto a reggenza; la reggenza constava di tre membri, uno dei quali era il secondo figlio di Ferdinando, Nicola.
![Picture](/uploads/8/0/7/3/8073867/154690_orig.jpg)
MICHELE I DI ROMANIA
Michele I di Romania (nato Michele di Hoenzollern-SigMarinen )(Sinaia 25/10/1921 - Aubonne 5/12/2017 ) ha regnato come Re di Romania(in Rumeno Maiestatea Sa Mihai I Regele Românilor o Majestatea Sa Mihai I Regele Românilor) dal 20 luglio 1927 all'8 giugno 1930 e ancora dal 6 settembre 1940 fino alla sua deposizione da parte dei comunisti il 30 dicembre 1947.
È discendente della regina Vittoria del Regno Unito e cugino di terzo grado di Elisabetta II
INFANZIA
Michele nacque al castello Foişor a Sinaia (Romania), figlio dell'allora principe della corona Carlo e della principessa Elena di Grecia, figlia del re Costantino I di Grecia e nipote dell'allora re di Romania Ferdinando I. Quando Carlo scappò con l'amante Magda Lupescu e rinunciò ai suoi diritti al trono nel dicembre 1925, Michele divenne erede al trono, su cui si sedette alla morte di Ferdinando nel luglio 1927.
Michele I di Romania (nato Michele di Hoenzollern-SigMarinen )(Sinaia 25/10/1921 - Aubonne 5/12/2017 ) ha regnato come Re di Romania(in Rumeno Maiestatea Sa Mihai I Regele Românilor o Majestatea Sa Mihai I Regele Românilor) dal 20 luglio 1927 all'8 giugno 1930 e ancora dal 6 settembre 1940 fino alla sua deposizione da parte dei comunisti il 30 dicembre 1947.
È discendente della regina Vittoria del Regno Unito e cugino di terzo grado di Elisabetta II
INFANZIA
Michele nacque al castello Foişor a Sinaia (Romania), figlio dell'allora principe della corona Carlo e della principessa Elena di Grecia, figlia del re Costantino I di Grecia e nipote dell'allora re di Romania Ferdinando I. Quando Carlo scappò con l'amante Magda Lupescu e rinunciò ai suoi diritti al trono nel dicembre 1925, Michele divenne erede al trono, su cui si sedette alla morte di Ferdinando nel luglio 1927.
![Picture](/uploads/8/0/7/3/8073867/4897015_orig.jpg)
IL REGNO
Gli anni 30 e l'Era diAntonescu
Al momento di salire al trono, Michele aveva poco meno di sei anni. Tra il 1927 e il 1930 vi fu una reggenza (Regenţei): a condurla furono il principe Nicola (fratello minore di Carlo II), il patriarca Miron Cristea e Gheorghe Buzdugan, presidente della Alta corte di giustizia (Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie), morto nel 1929 e sostituito da Constantin Sarazeanu.
Nel 1930, nel contesto della crisi economica, Carlo II fu richiamato in patria dalla classe politica rumena, insoddisfatta della reggenza, e proclamato re dal Parlamento. Michele fu designato Principe Ereditario, con il titolo di gran Voivoda di Alba Iulia.
Nel novembre del 1939, Michele, avendo raggiunto i diciotto anni, ottenne un seggio al Senato della Romania, secondo quanto previsto dalla Costituzione della Romania del 1938.
Nel settembre del 1940, il regime filo-tedesco e anti-bolscevico del primo ministro Ion Antonescu preparò un colpo di stato ai danni di Carlo II. Antonescu sospese la Costituzione, sciolse il Parlamento e installò Michele al trono, con il favore del popolo. La Costituzione venne ripristinata nel 1944 e il Parlamento riprese i lavori nel 1946, ma Michele non giurò neppure in seguito sulla Costituzione, né il Parlamento approvò retroattivamente la sua incoronazione. Michele cinse la Corona d'Accaio che era stata di Carlo I e fu unto dal patriarca della Chiesa Ortodossa Rumena Nicodin Monteanu nella cattedrale patriarcale di Bucarest, il 6 settembre 1940. In effetti, fino all'agosto del 1944, Michele fu solo una marionetta nella mani di Antonescu.
LA SVOLTA CONTRO LA GERMANIA NAZISTA
Il 23 agosto 1944 Michele si unì ai politici filo-alleati che includevano i comunisti nell'attuare un colpo di stato contro Antonescu, che fu arrestato. Nella stessa notte, il nuovo primo ministro, il generale Constantin Sanatescu, affidò la custodia di Antonescu ai comunisti, che lo consegnarono ai sovietici il 1º settembre. In una trasmissione radio alla nazione e all'esercito, Michele proclamò la lealtà della Romania agli Alleati, annunciando l'accettazione dell'armistizio offerto dall URSS, dalla GRAN BRETAGNA e dagli USA, e dichiaro' guerra alla Germania, ma questo non evitò una rapida invasione da parte dell'Unione Sovietica e la cattura di circa 130.000 soldati rumeni trasportati in Russia, nei campi di prigionia. Il colpo di stato accelerò l'avanzata dell' Armata Rossa all'interno della Romania. L'armistizio fu firmato tre settimane dopo, il 12 settembre 1944, alle condizioni imposte dai sovietici: il colpo di stato ebbe quindi l'effetto di una capitolazione ,e una resa incondizionata ai sovietici. Al re Michele fu risparmiato il destino di un altro alleato dei tedeschi, il principe Kyrill di Bulgaria, giustiziato dai sovietici nel 1945, che fu anche l'ultimo sovrano oltre la Cortina di Ferro a perdere il trono. Secondo alcuni, il colpo di stato potrebbe aver accorciato la Seconda guerra Mondiale di circa sei mesi, salvando centinaia di migliaia di vite. Alla fine della guerra, a Michele fu assegnato il più alto grado (comandante in capo) della legione di merito da parte del Presidente USA Truman. Fu anche decorato con l'ordine della Vittoria sovietico da Stalin per il coraggio personale nel rovesciare Antonescu, e per aver posto fine alla guerra della Romania contro gli Alleati.
Secondo alcuni il colpo di stato permise alle truppe di Stalin di avanzare più rapidamente in Romania e in Europa, a scapito degli Alleati occidentali. Altri vedono nella mancata convocazione di Michele alle celebrazioni in onore del Giorno della vittoria un segno di tacita condanna da parte degli Alleati per le conseguenze del colpo di stato. Michele non fu invitato alle celebrazioni del 60º anniversario della fine della guerra dagli Alleati occidentali, ma solo dai Russi e ad alcune commemorazioni in Repubblica Ceca e in Slovacchia.
IL REGNO SOTTO IL COMUNISMO
Nel marzo 1945 la pressione politica obbligò Michele a nominare un Governo Filosovietico dominato dal Partito Comunista Romeno. Con il regime comunista Michele funse prettamente da simbolo; dall'agosto 1945 al gennaio 1946 cercò inutilmente di opporsi al governo comunista diretto dal Primo Ministro Petru Groza, rifiutando di firmare i suoi decreti. In risposta a quelle sovietiche,con le pressioni inglesi e americane re Michele infine rinunciò alla sua opposizione e smise di chiedere le sue dimissioni.
Il re non graziò Ion Antonescu, in seguito condannato come criminale di Guerra i leader dell'opposizione, vittime dei processi politici comunisti, poiché la Costituzione glielo impediva senza la controfirma del ministro della giustizia, che era un esponente comunista.
Nel corso del 1947 i comunisti imposero la "dittatura del proletariato" e costrinsero Michele ad abdicare il 31 dicembre dello stesso anno.
L'ESILIO E IL PRESENTE
Dopo aver subito una perquisizione personale assieme alla regina madre, gli fu permesso di espatriare e si recò dapprima in Inghilterra, dove aveva conosciuto la principessa Anna di Borbone Parma, che poi sposerà. Si ritirò quindi in esilio in Svizzera, a Losanna, dove lavorò per un'industria locale, in difficili condizioni finanziarie, assieme alla moglie ed alle tre figlie. Non ha avuto eredi maschi.
Subito dopo la caduta di Ceausescu cercò due volte di rientrare in patria, ma fu riaccompagnato alla frontiera. Infine raggiunse un accordo con il governo democratico sopravvenuto, e rientrò definitivamente in Romania accolto da più di un milione di persone. Vive in uno dei castelli di Sinaia che gli è stato restituito. Ricopre compiti istituzionali e gli è riconosciuto il titolo di Re.
Ha rappresentato la Romania ai funerali del Papa Giovanni Paolo II.
Ha designato la figlia primogenita Margherita quale erede dinastica.
E' morto ad Aubonne (CH) dopo una lunga malattia.
RIMANE IL SOVRANO PIU' AMATO DAI RUMENI A TUTT'OGGI
Gli anni 30 e l'Era diAntonescu
Al momento di salire al trono, Michele aveva poco meno di sei anni. Tra il 1927 e il 1930 vi fu una reggenza (Regenţei): a condurla furono il principe Nicola (fratello minore di Carlo II), il patriarca Miron Cristea e Gheorghe Buzdugan, presidente della Alta corte di giustizia (Înalta Curte de Casaţie şi Justiţie), morto nel 1929 e sostituito da Constantin Sarazeanu.
Nel 1930, nel contesto della crisi economica, Carlo II fu richiamato in patria dalla classe politica rumena, insoddisfatta della reggenza, e proclamato re dal Parlamento. Michele fu designato Principe Ereditario, con il titolo di gran Voivoda di Alba Iulia.
Nel novembre del 1939, Michele, avendo raggiunto i diciotto anni, ottenne un seggio al Senato della Romania, secondo quanto previsto dalla Costituzione della Romania del 1938.
Nel settembre del 1940, il regime filo-tedesco e anti-bolscevico del primo ministro Ion Antonescu preparò un colpo di stato ai danni di Carlo II. Antonescu sospese la Costituzione, sciolse il Parlamento e installò Michele al trono, con il favore del popolo. La Costituzione venne ripristinata nel 1944 e il Parlamento riprese i lavori nel 1946, ma Michele non giurò neppure in seguito sulla Costituzione, né il Parlamento approvò retroattivamente la sua incoronazione. Michele cinse la Corona d'Accaio che era stata di Carlo I e fu unto dal patriarca della Chiesa Ortodossa Rumena Nicodin Monteanu nella cattedrale patriarcale di Bucarest, il 6 settembre 1940. In effetti, fino all'agosto del 1944, Michele fu solo una marionetta nella mani di Antonescu.
LA SVOLTA CONTRO LA GERMANIA NAZISTA
Il 23 agosto 1944 Michele si unì ai politici filo-alleati che includevano i comunisti nell'attuare un colpo di stato contro Antonescu, che fu arrestato. Nella stessa notte, il nuovo primo ministro, il generale Constantin Sanatescu, affidò la custodia di Antonescu ai comunisti, che lo consegnarono ai sovietici il 1º settembre. In una trasmissione radio alla nazione e all'esercito, Michele proclamò la lealtà della Romania agli Alleati, annunciando l'accettazione dell'armistizio offerto dall URSS, dalla GRAN BRETAGNA e dagli USA, e dichiaro' guerra alla Germania, ma questo non evitò una rapida invasione da parte dell'Unione Sovietica e la cattura di circa 130.000 soldati rumeni trasportati in Russia, nei campi di prigionia. Il colpo di stato accelerò l'avanzata dell' Armata Rossa all'interno della Romania. L'armistizio fu firmato tre settimane dopo, il 12 settembre 1944, alle condizioni imposte dai sovietici: il colpo di stato ebbe quindi l'effetto di una capitolazione ,e una resa incondizionata ai sovietici. Al re Michele fu risparmiato il destino di un altro alleato dei tedeschi, il principe Kyrill di Bulgaria, giustiziato dai sovietici nel 1945, che fu anche l'ultimo sovrano oltre la Cortina di Ferro a perdere il trono. Secondo alcuni, il colpo di stato potrebbe aver accorciato la Seconda guerra Mondiale di circa sei mesi, salvando centinaia di migliaia di vite. Alla fine della guerra, a Michele fu assegnato il più alto grado (comandante in capo) della legione di merito da parte del Presidente USA Truman. Fu anche decorato con l'ordine della Vittoria sovietico da Stalin per il coraggio personale nel rovesciare Antonescu, e per aver posto fine alla guerra della Romania contro gli Alleati.
Secondo alcuni il colpo di stato permise alle truppe di Stalin di avanzare più rapidamente in Romania e in Europa, a scapito degli Alleati occidentali. Altri vedono nella mancata convocazione di Michele alle celebrazioni in onore del Giorno della vittoria un segno di tacita condanna da parte degli Alleati per le conseguenze del colpo di stato. Michele non fu invitato alle celebrazioni del 60º anniversario della fine della guerra dagli Alleati occidentali, ma solo dai Russi e ad alcune commemorazioni in Repubblica Ceca e in Slovacchia.
IL REGNO SOTTO IL COMUNISMO
Nel marzo 1945 la pressione politica obbligò Michele a nominare un Governo Filosovietico dominato dal Partito Comunista Romeno. Con il regime comunista Michele funse prettamente da simbolo; dall'agosto 1945 al gennaio 1946 cercò inutilmente di opporsi al governo comunista diretto dal Primo Ministro Petru Groza, rifiutando di firmare i suoi decreti. In risposta a quelle sovietiche,con le pressioni inglesi e americane re Michele infine rinunciò alla sua opposizione e smise di chiedere le sue dimissioni.
Il re non graziò Ion Antonescu, in seguito condannato come criminale di Guerra i leader dell'opposizione, vittime dei processi politici comunisti, poiché la Costituzione glielo impediva senza la controfirma del ministro della giustizia, che era un esponente comunista.
Nel corso del 1947 i comunisti imposero la "dittatura del proletariato" e costrinsero Michele ad abdicare il 31 dicembre dello stesso anno.
L'ESILIO E IL PRESENTE
Dopo aver subito una perquisizione personale assieme alla regina madre, gli fu permesso di espatriare e si recò dapprima in Inghilterra, dove aveva conosciuto la principessa Anna di Borbone Parma, che poi sposerà. Si ritirò quindi in esilio in Svizzera, a Losanna, dove lavorò per un'industria locale, in difficili condizioni finanziarie, assieme alla moglie ed alle tre figlie. Non ha avuto eredi maschi.
Subito dopo la caduta di Ceausescu cercò due volte di rientrare in patria, ma fu riaccompagnato alla frontiera. Infine raggiunse un accordo con il governo democratico sopravvenuto, e rientrò definitivamente in Romania accolto da più di un milione di persone. Vive in uno dei castelli di Sinaia che gli è stato restituito. Ricopre compiti istituzionali e gli è riconosciuto il titolo di Re.
Ha rappresentato la Romania ai funerali del Papa Giovanni Paolo II.
Ha designato la figlia primogenita Margherita quale erede dinastica.
E' morto ad Aubonne (CH) dopo una lunga malattia.
RIMANE IL SOVRANO PIU' AMATO DAI RUMENI A TUTT'OGGI
ION ANTONESCU, UNA FIGURA CHIAVE NELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
Ion Victor Antonescu (Pitesti 9/6/1882 – Jilava1/6/1946) è stato un Politico e Militare Rumeno.
Fu primo ministro e Conducator("condottiero") della Romania durante la seconda guerra Mondiale dal 4 settembre 1940 al 23 agosto 1944.
Antonescu nacque in una famiglia piccolo borghese con tradizione militare. Frequentò la scuola militare a Craiova e a Iasi a si diplomò come migliore della classe alla Scuola di Cavalleria nel 1904, quindi, nel 1911, si diplomò all'accademia militare.
In qualità di tenente, Antonescu prese parte alla repressione della rivolta dei contadini del 1907 in Romania nella città di e nei dintorni. Nel 1913 partecipò alla seconda guerra dei Balcani contro la Bulgaria, ottenendo la più alta decorazione militare romena. Durante il coinvolgimento romeno nella Prima guerra Mondiale, Antonescu funse da capo di stato maggiore del maresciallo Constantin Prezean In questa posizione, fu l'artefice della riuscita difesa romena della Moldavia dal tentativo di invasione da parte delle truppe tedesche guidate dal maresciallo di campo Von Mackensen, nella seconda metà del 1917. Il resto della Romania era già stato occupato dai tedeschi alla fine del 1916.
Antonescu aveva una brillante intelligenza e godeva una reputazione di comandante molto abile e pragmatico, ma anche di spietata freddezza quando lo reputava necessario. Negli incontri internazionali aveva fama di persona franca e leale, ben diversa da quella di altri esponenti politici romeni (anche del suo stesso governo) caratterizzati da bizantinismi e linguaggio ambiguo.
Tra il 1922 e il 1926 fu atteche' Militare della Romania in Francia e nel Regno Unito, paesi verso i quali provava sentimenti non solo di ammirazione, ma anche di grande simpatia. Stimava ma non amava la Germania ed in seguito fu impressionato dalla macchina bellica nazista che riteneva invincibile. Diffidava dell'Unione Sovietica, che considerava il più pericoloso confinante della Romania. Dopo essere ritornato in Romania divenne comandante della "Şcoala Superioară de Război" (Scuola Superiore di Guerra) dal 1927 al 1930, Capo di stato maggiore dal 1933 al 1934 e ministro della difesa tra il 1937 e il 1938.
Ion Victor Antonescu (Pitesti 9/6/1882 – Jilava1/6/1946) è stato un Politico e Militare Rumeno.
Fu primo ministro e Conducator("condottiero") della Romania durante la seconda guerra Mondiale dal 4 settembre 1940 al 23 agosto 1944.
Antonescu nacque in una famiglia piccolo borghese con tradizione militare. Frequentò la scuola militare a Craiova e a Iasi a si diplomò come migliore della classe alla Scuola di Cavalleria nel 1904, quindi, nel 1911, si diplomò all'accademia militare.
In qualità di tenente, Antonescu prese parte alla repressione della rivolta dei contadini del 1907 in Romania nella città di e nei dintorni. Nel 1913 partecipò alla seconda guerra dei Balcani contro la Bulgaria, ottenendo la più alta decorazione militare romena. Durante il coinvolgimento romeno nella Prima guerra Mondiale, Antonescu funse da capo di stato maggiore del maresciallo Constantin Prezean In questa posizione, fu l'artefice della riuscita difesa romena della Moldavia dal tentativo di invasione da parte delle truppe tedesche guidate dal maresciallo di campo Von Mackensen, nella seconda metà del 1917. Il resto della Romania era già stato occupato dai tedeschi alla fine del 1916.
Antonescu aveva una brillante intelligenza e godeva una reputazione di comandante molto abile e pragmatico, ma anche di spietata freddezza quando lo reputava necessario. Negli incontri internazionali aveva fama di persona franca e leale, ben diversa da quella di altri esponenti politici romeni (anche del suo stesso governo) caratterizzati da bizantinismi e linguaggio ambiguo.
Tra il 1922 e il 1926 fu atteche' Militare della Romania in Francia e nel Regno Unito, paesi verso i quali provava sentimenti non solo di ammirazione, ma anche di grande simpatia. Stimava ma non amava la Germania ed in seguito fu impressionato dalla macchina bellica nazista che riteneva invincibile. Diffidava dell'Unione Sovietica, che considerava il più pericoloso confinante della Romania. Dopo essere ritornato in Romania divenne comandante della "Şcoala Superioară de Război" (Scuola Superiore di Guerra) dal 1927 al 1930, Capo di stato maggiore dal 1933 al 1934 e ministro della difesa tra il 1937 e il 1938.
POTERE POLITICO
Il generale Antonescu venne nominato primo ministro da re Carlo I nel settembre 1940, in un momento particolarmente critico per la stessa sopravvivenza della Romania (Cecoslovacchia, Austria, Albania, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia erano sparite come entità politiche), dopo la sconfitta militare della Francia, che rappresentava il punto di riferimento nella politica estera romena e dopo che la Romania era stata costretta a cedere la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale all'URSS (28 giugno 1940), la metà settentrionale della Transilvania all' Ungheria (30 agosto 1940) e la Dobrugia meridionale alla Bulgaria. Solo due giorni dopo la sua nomina, costrinse re Carlo ad abdicare. Il figlio di Carlo, Michele, divenne il nuovo re. Antonescu si autoproclamò Conducător (Duce) e assunse poteri dittatoriali, relegando il re ad un ruolo meramente "decorativo".
Fronteggiando la prospettiva di due minacce (Germania ad ovest e Unione Sovietica ad est), Antonescu optò per quello che gli sembrava allora il male minore per la Romania. La Germania infatti mirava alle risorse naturali della Romania, ma dopo il trasferimento della Transilvania settentrionale all'Ungheria, imposto con il compromesso di Vienna, non rappresentava più un pericolo per i confini nazionali. Di contro le aspirazioni espansioniste dell'URSS, lungi dall'essersi placate con il diktat di Mosca, mettevano a repentaglio la regione moldava e la stessa indipendenza della Romania. Egli optò, quindi, per un'alleanza con la Germania Nazista al fine di recuperare la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale e sperando di ottenere dalla Germania un ritocco alla frontiera con l'Ungheria decisa a Vienna. Questa alleanza era parimenti invitante per i tedeschi, date le importanti riserve petrolifere della Romania, la sua produzione di cereali ed il suo esercito, male armato, ma comunque ragguardevole per numero e valore dei soldati.
Antonescu avvicinò il partito della Guardia di Ferro, fascista e antisemita, offrendogli dei posti nel governo (15 settembre 1940). Antonescu desiderava portare la Guardia di Ferro sotto il suo controllo diretto, poiché le sue attività paramilitari e la furia antisemita stavano minando l'autorità dello Stato. Il periodo seguente divenne noto come "Stato Nazional Legionario" (Statul naţional-legionar). Alla fine, dopo che le richieste per poteri estesi vennero ripetutamente rigettate da Antonescu, la Guardia di Ferro si ribellò (21 gennaio 1941). Antonescu schiacciò rapidamente la rivolta (con il consenso della Germania, il cui interesse economico e militare richiedeva stabilità in Romania), mise fuori legge la Guardia di Ferro e ne fece imprigionare o espellere dal paese i capi.
Le truppe romene unitamente a quelle finlandesi si unirono alla Wehrmacht tedesca nell'attacco contro l'Unione Sovietica (giugno 1941) e rioccuparono i territori persi. Vennero inoltre conquistate la Transnistria e la città di Odessa nella quale, per ordine di Antonescu, fu perpetrato, per rappresaglia ad un grave attentato, un eccidio: Il massacro di Odessa. Tuttavia, dopo aver occupato la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale, e occupato la Transnistria, Antonescu spinse le armate romene più in profondità nel territorio sovietico sino al Caucaso. Questa avventata decisione (diversa da quella del governo finlandese che aveva arrestato le sue truppe alla linea del confine prebellico) andò incontro alla disapprovazione dei partiti democratici romeni che erano all'opposizione e che pure non avevano disapprovato la riconquista dei territori persi a seguito del diktat sovietico. Nella fase successiva della guerra i romeni soffrirono pesanti perdite nella battaglia di Stalingrado e si convinsero che la guerra era persa: di conseguenza la popolarità di Antonescu declinò rapidamente.
Nell'estate del 1944, mentre l'armata rossa stava spingendo i tedeschi sempre più vicino ai confini orientali della Romania, Antonescu rifiutò di trattare la resa, pur essendo a conoscenza e non avendo disapprovato i colloqui con gli Alleati nelle sedi neutrali. Il suo senso dell'onore gli impediva, come militare, di tradire l'alleato tedesco. Antonescu voleva che la Wehrmacht lasciasse il paese, ma in maniera ordinata e senza subire attacchi da parte romena. Il governo di Mosca, a sua volta, si rifiutava di trattare con Antonescu, detestato dai comunisti per i suoi sentimenti antisovietici. Era quindi indispensabile la sua rimozione. Perciò, il 23 agosto 1944, re Michele, sostenuto dai principali partiti politici romeni, seguendo l'esempio di Vittorio Emanuele III con Mussolini, lo convocò a Palazzo Reale, lo destituì e lo fece arrestare.
Il generale Antonescu venne nominato primo ministro da re Carlo I nel settembre 1940, in un momento particolarmente critico per la stessa sopravvivenza della Romania (Cecoslovacchia, Austria, Albania, Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia erano sparite come entità politiche), dopo la sconfitta militare della Francia, che rappresentava il punto di riferimento nella politica estera romena e dopo che la Romania era stata costretta a cedere la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale all'URSS (28 giugno 1940), la metà settentrionale della Transilvania all' Ungheria (30 agosto 1940) e la Dobrugia meridionale alla Bulgaria. Solo due giorni dopo la sua nomina, costrinse re Carlo ad abdicare. Il figlio di Carlo, Michele, divenne il nuovo re. Antonescu si autoproclamò Conducător (Duce) e assunse poteri dittatoriali, relegando il re ad un ruolo meramente "decorativo".
Fronteggiando la prospettiva di due minacce (Germania ad ovest e Unione Sovietica ad est), Antonescu optò per quello che gli sembrava allora il male minore per la Romania. La Germania infatti mirava alle risorse naturali della Romania, ma dopo il trasferimento della Transilvania settentrionale all'Ungheria, imposto con il compromesso di Vienna, non rappresentava più un pericolo per i confini nazionali. Di contro le aspirazioni espansioniste dell'URSS, lungi dall'essersi placate con il diktat di Mosca, mettevano a repentaglio la regione moldava e la stessa indipendenza della Romania. Egli optò, quindi, per un'alleanza con la Germania Nazista al fine di recuperare la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale e sperando di ottenere dalla Germania un ritocco alla frontiera con l'Ungheria decisa a Vienna. Questa alleanza era parimenti invitante per i tedeschi, date le importanti riserve petrolifere della Romania, la sua produzione di cereali ed il suo esercito, male armato, ma comunque ragguardevole per numero e valore dei soldati.
Antonescu avvicinò il partito della Guardia di Ferro, fascista e antisemita, offrendogli dei posti nel governo (15 settembre 1940). Antonescu desiderava portare la Guardia di Ferro sotto il suo controllo diretto, poiché le sue attività paramilitari e la furia antisemita stavano minando l'autorità dello Stato. Il periodo seguente divenne noto come "Stato Nazional Legionario" (Statul naţional-legionar). Alla fine, dopo che le richieste per poteri estesi vennero ripetutamente rigettate da Antonescu, la Guardia di Ferro si ribellò (21 gennaio 1941). Antonescu schiacciò rapidamente la rivolta (con il consenso della Germania, il cui interesse economico e militare richiedeva stabilità in Romania), mise fuori legge la Guardia di Ferro e ne fece imprigionare o espellere dal paese i capi.
Le truppe romene unitamente a quelle finlandesi si unirono alla Wehrmacht tedesca nell'attacco contro l'Unione Sovietica (giugno 1941) e rioccuparono i territori persi. Vennero inoltre conquistate la Transnistria e la città di Odessa nella quale, per ordine di Antonescu, fu perpetrato, per rappresaglia ad un grave attentato, un eccidio: Il massacro di Odessa. Tuttavia, dopo aver occupato la Bessarabia e la Bucovina Settentrionale, e occupato la Transnistria, Antonescu spinse le armate romene più in profondità nel territorio sovietico sino al Caucaso. Questa avventata decisione (diversa da quella del governo finlandese che aveva arrestato le sue truppe alla linea del confine prebellico) andò incontro alla disapprovazione dei partiti democratici romeni che erano all'opposizione e che pure non avevano disapprovato la riconquista dei territori persi a seguito del diktat sovietico. Nella fase successiva della guerra i romeni soffrirono pesanti perdite nella battaglia di Stalingrado e si convinsero che la guerra era persa: di conseguenza la popolarità di Antonescu declinò rapidamente.
Nell'estate del 1944, mentre l'armata rossa stava spingendo i tedeschi sempre più vicino ai confini orientali della Romania, Antonescu rifiutò di trattare la resa, pur essendo a conoscenza e non avendo disapprovato i colloqui con gli Alleati nelle sedi neutrali. Il suo senso dell'onore gli impediva, come militare, di tradire l'alleato tedesco. Antonescu voleva che la Wehrmacht lasciasse il paese, ma in maniera ordinata e senza subire attacchi da parte romena. Il governo di Mosca, a sua volta, si rifiutava di trattare con Antonescu, detestato dai comunisti per i suoi sentimenti antisovietici. Era quindi indispensabile la sua rimozione. Perciò, il 23 agosto 1944, re Michele, sostenuto dai principali partiti politici romeni, seguendo l'esempio di Vittorio Emanuele III con Mussolini, lo convocò a Palazzo Reale, lo destituì e lo fece arrestare.
Dopo essere stato arrestato, Antonescu venne consegnato ai sovietici. Nel maggio 1946 venne messo a processo davanti al Tribunale del Popolo di Bucarest, dal neonato governo comunista e riconosciuto colpevole di crimini contro la pace, per aver fatto partecipare la Romania all'invasione tedesca dell'URSS. Venne condannato a morte e fucilato il 1º giugno 1946.
ANTONESCU E L'OLOCAUSTO
Il governo di Antonescu è stato accusato di aver causato la morte di 280 000-380 000 ebrei e di 11.000 rom. Un rapporto prodotto da una commissione ad hoc guidata dal premio Nobel Elie Wiesel (del quale il governo romeno prese atto nel 2004), affermava: "Irrefutabili e abbondanti prove documentali mostrano la responsabilità personale di Ion Antonescu nella deportazione e della eliminazione di ebrei e rom che si trovavano sotto la giurisdizione rumena.".
Nel passato ci fu dibattito sul ruolo personale di Antonescu nella partecipazione rumena all'olocausto. Il rapporto, basato su informazioni d'archivio rese disponibili dopo la caduta del comunismo in Romania, sembrerebbe confermare anche una responsabilità di Antonescu, ma non vi è unanimità di pensiero sulla sua fattiva collaborazione con la shoah e sul suo presunto antisemitismo in un paese dove sentimenti di questo tipo erano diffusi anche fra gli stessi oppositori al regime.
Immediatamente dopo essere salito al potere, Antonescu ampliò le leggi antiebraiche approvate da Gigurtu, anche se la matrigna di Antonescu, Frida Cuperman, era ebrea, così come la sua prima moglie, Rasela Mendel, che aveva sposato quando era addetto militare a Londra negli anni trenta. Il suo migliore amico di gioventù era Wilhelm Filderman, che sarebbe diventato presidente delle comunità ebraiche di Romania. Durante il periodo 1941/42, vennero approvati 80 regolamenti antiebraici. A partire dalla fine di ottobre del 1940, la Guardia di Ferro iniziò una massiccia campagna antisemita, aggredendo e malmenando gli ebrei e saccheggiando i loro negozi, che culminò in un fallito colpo di stato e in un pogrom a Bucarest, nel quale vennero uccisi 120 ebrei. Antonescu fermò la violenza e il caos provocati dalla Guardia di Ferro e represse con durezza la ribellione arrestando o esiliando in Germania i fascisti rumeni. Tuttavia, dal momento in cui la Romania entrò in guerra, le aggressioni contro gli ebrei erano diventate comuni, soprattutto durante il pogromdi Iasi, dove numerosi ebrei vennero uccisi nel luglio 1941.
Sempre nel 1941, a seguito dell'esercito romeno in avanzata, come rappresaglia per i proditori attacchi subiti nel 1940 dai militari rumeni in ritirata dopo l'ultimatum sovietico per i quali era stata addossata la responsabilità a presunti "gruppi di resistenza" ebraici, Antonescu ordinò la deportazione in Transnistria, di ebrei dalla Bessarabia e dalla Bucovina settentrionale (tra gli 80 000 e i 150 000). Questi ebrei vennero considerati "agenti comunisti" dalla propaganda ufficiale. "Deportazione", -affermava il citato rapporto- era un eufemismo, dato che parte del processo consisteva nell'uccidere quanti più ebrei possibile prima di deportare il resto a est sui "treni della morte". Di quelli che sfuggirono all'iniziale Pulizia Etnica in Bucovina e Bessarabia, solo pochi riuscirono a sopravvivere nei campi di concentramento istituiti in Transnistria.
Ulteriori uccisioni bersagliarono la popolazione ebrea che l'esercito rumeno riuscì a catturare in Transnistria. Più di centomila vittime furono registrate in luoghi come Odessa, Bogdanovka e Akmecetka nel 1941 e nel 1942 sempre come rappresaglia per attentati ed attacchi subiti dall'esercito rumeno di occupazione presente in Ucraina.
Antonescu pose fine alle deportazioni, nonostante le pressioni tedesche, nel 1943, quando iniziò a ricercare la pace con gli Alleati, anche se allo stesso tempo fece gravare pesanti tasse e il lavoro forzato sulla comunità ebraica, per eludere i sospetti di Hitler sulla Romania. Inoltre sotto il regime di Antonescu, tredici navi lasciarono la Romania con destinazione il Mandato Britannico in Palestina, trasportando 13 000 ebrei ma il flusso migratorio venne bruscamente interrotto nel 1942, quando le autorità britanniche si rifiutarono di accogliere i rifugiati nel territorio da loro amministrato a seguito delle proteste degli arabi. La Romania e la Bulgaria furono i due soli stati nell'area danubiano balcanica che non consegnarono ai nazisti i loro ebrei nel quadro del progetto "soluzione finale". Vennero invece falcidiate le comunità ebraiche presenti nei territori ungheresi ceduti nel 1940 all'Ungheria (Transilvania settentrionale) e moldavi ridati all'Unione Sovietica (Bessarabia e Bucovina Settentrionale).
Il governo di Antonescu è stato accusato di aver causato la morte di 280 000-380 000 ebrei e di 11.000 rom. Un rapporto prodotto da una commissione ad hoc guidata dal premio Nobel Elie Wiesel (del quale il governo romeno prese atto nel 2004), affermava: "Irrefutabili e abbondanti prove documentali mostrano la responsabilità personale di Ion Antonescu nella deportazione e della eliminazione di ebrei e rom che si trovavano sotto la giurisdizione rumena.".
Nel passato ci fu dibattito sul ruolo personale di Antonescu nella partecipazione rumena all'olocausto. Il rapporto, basato su informazioni d'archivio rese disponibili dopo la caduta del comunismo in Romania, sembrerebbe confermare anche una responsabilità di Antonescu, ma non vi è unanimità di pensiero sulla sua fattiva collaborazione con la shoah e sul suo presunto antisemitismo in un paese dove sentimenti di questo tipo erano diffusi anche fra gli stessi oppositori al regime.
Immediatamente dopo essere salito al potere, Antonescu ampliò le leggi antiebraiche approvate da Gigurtu, anche se la matrigna di Antonescu, Frida Cuperman, era ebrea, così come la sua prima moglie, Rasela Mendel, che aveva sposato quando era addetto militare a Londra negli anni trenta. Il suo migliore amico di gioventù era Wilhelm Filderman, che sarebbe diventato presidente delle comunità ebraiche di Romania. Durante il periodo 1941/42, vennero approvati 80 regolamenti antiebraici. A partire dalla fine di ottobre del 1940, la Guardia di Ferro iniziò una massiccia campagna antisemita, aggredendo e malmenando gli ebrei e saccheggiando i loro negozi, che culminò in un fallito colpo di stato e in un pogrom a Bucarest, nel quale vennero uccisi 120 ebrei. Antonescu fermò la violenza e il caos provocati dalla Guardia di Ferro e represse con durezza la ribellione arrestando o esiliando in Germania i fascisti rumeni. Tuttavia, dal momento in cui la Romania entrò in guerra, le aggressioni contro gli ebrei erano diventate comuni, soprattutto durante il pogromdi Iasi, dove numerosi ebrei vennero uccisi nel luglio 1941.
Sempre nel 1941, a seguito dell'esercito romeno in avanzata, come rappresaglia per i proditori attacchi subiti nel 1940 dai militari rumeni in ritirata dopo l'ultimatum sovietico per i quali era stata addossata la responsabilità a presunti "gruppi di resistenza" ebraici, Antonescu ordinò la deportazione in Transnistria, di ebrei dalla Bessarabia e dalla Bucovina settentrionale (tra gli 80 000 e i 150 000). Questi ebrei vennero considerati "agenti comunisti" dalla propaganda ufficiale. "Deportazione", -affermava il citato rapporto- era un eufemismo, dato che parte del processo consisteva nell'uccidere quanti più ebrei possibile prima di deportare il resto a est sui "treni della morte". Di quelli che sfuggirono all'iniziale Pulizia Etnica in Bucovina e Bessarabia, solo pochi riuscirono a sopravvivere nei campi di concentramento istituiti in Transnistria.
Ulteriori uccisioni bersagliarono la popolazione ebrea che l'esercito rumeno riuscì a catturare in Transnistria. Più di centomila vittime furono registrate in luoghi come Odessa, Bogdanovka e Akmecetka nel 1941 e nel 1942 sempre come rappresaglia per attentati ed attacchi subiti dall'esercito rumeno di occupazione presente in Ucraina.
Antonescu pose fine alle deportazioni, nonostante le pressioni tedesche, nel 1943, quando iniziò a ricercare la pace con gli Alleati, anche se allo stesso tempo fece gravare pesanti tasse e il lavoro forzato sulla comunità ebraica, per eludere i sospetti di Hitler sulla Romania. Inoltre sotto il regime di Antonescu, tredici navi lasciarono la Romania con destinazione il Mandato Britannico in Palestina, trasportando 13 000 ebrei ma il flusso migratorio venne bruscamente interrotto nel 1942, quando le autorità britanniche si rifiutarono di accogliere i rifugiati nel territorio da loro amministrato a seguito delle proteste degli arabi. La Romania e la Bulgaria furono i due soli stati nell'area danubiano balcanica che non consegnarono ai nazisti i loro ebrei nel quadro del progetto "soluzione finale". Vennero invece falcidiate le comunità ebraiche presenti nei territori ungheresi ceduti nel 1940 all'Ungheria (Transilvania settentrionale) e moldavi ridati all'Unione Sovietica (Bessarabia e Bucovina Settentrionale).
LA REPUBBLICA SOCIALISTA DI ROMANIA
Repubblica Socialista di Romania (in romeno Republica Socialistă România) è il termine con cui si indica il periodo della storia della Romania durante il quale la nazione, conosciuta anche tra il 1947 ed il 1965 come Repubblica Popolare Romena (in romeno Republica Populară Romînă), venne governata dal Partito Comunista Rumeno, a partire dall'abdicazione forzata del Re Michele I di Romania il 30 dicembre 1947, fino al rovesciamento del regime nel dicembre 1989 con la rivoluzione romena.
Dopo la seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica fece pressioni affinché il Partito Comunista della Romania, che in precedenza era stato illegale, entrasse nel governo, mentre i capi politici non comunisti fossero eliminati dallo scenario politico. Il Re Michele abdicò proprio a causa delle pressioni e si ritirò in esilio il 30 dicembre 1947, quando fu dichiarata la Repubblica Popolare Rumena.
Durante i primi anni, le scarse risorse della Romania dopo la guerra furono tratte dagli accordi "SovRom": numerose imprese sovietico-rumene si installarono in Romania poco dopo la seconda guerra mondiale, per mascherare la presa di possesso della nazione da parte dell'URSS, che si aggiungeva alle pesanti riparazioni di guerra già pagate all'Unione Sovietica. Moltissime persone (le diverse stime variano da 137[1] ad alcune centinaia[2]) furono imprigionate per ragioni politiche o economiche. Ci fu un gran numero di abusi, morti, incidenti e torture verso molte persone, principalmente oppositori politici.[3]
Nei primi anni 1960, il governo comunista della Romania iniziò a dimostrarsi indipendente dall'Unione Sovietica. Nicolae Ceaușescu divenne Capo del Partito Comunista nel 1965 e Capo di Stato nel 1967.
.Quando il re Michele I, sostenuto dai principali partiti politici, rovesciò la dittatura di Ion Antonescu nell'agosto 1944, portando la Romania verso gli Alleati, non poté far cancellare il ricordo della partecipazione della sua nazione nell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica anche se la Romania, che aveva subito l'ultimatum sovietico nel 1940, era stato un paese aggredito e non aggressore come la Germania e l'Italia. Le forze armate rumene avevano combattuto sotto comando sovietico, sia nella Transilvania settentrionale, che in Ungheria, Cecoslovacchia e Austria, ma i sovietici, che pure avevano riconsegnato alla Romania la Transilvania settentrionale, trattavano ancora la Romania come territorio occupato, con il pretesto che le autorità rumene erano incapaci di assicurare l'ordine nei territori appena liberati, e che non si erano sopite le inimicizie tra i nazionalisti rumeni e ungheresi.
La Conferenza di Jalta aveva assegnato la Romania alla sfera di influenza dell'URSS, i Trattati di Pace di Parigi non riconobbero alla Romania lo status di nazione co-belligerante, e l'Armata Rossa continuò la sua permanenza sul suolo rumeno per 14 anni con un elevato numero di effettivi (anche 1 milione di uomini). I comunisti giocarono un ruolo minore nel governo di Michele I in tempo di guerra, diretto dal Generale Nicolae Rădescu, ma questa situazione cambiò radicalmente nel marzo 1945, quando Petru Groza del Fronte degli Aratori, un partito in stretta relazione con i Comunisti, divenne Primo ministro della Romania. Anche se il suo governo fu allargato per comprendere gran parte dei maggiori partiti prebellici, esclusa la Guardia di Ferro, i comunisti detennero i ministeri chiave.
Il Re non era d'accordo con le direttive di questo governo, ma quando il sovrano tentò di obbligare il Primo Ministro Groza alle dimissioni rifiutando di firmare ogni sua legge (una mossa conosciuta come "il colpo reale"), Groza scelse semplicemente di emanare le leggi senza preoccuparsi di ottenere la firma del Re. L'8 novembre 1945 si tenne una manifestazione anti-comunista di fronte al Palazzo Reale di Bucarest, ma fu repressa con la forza; ci furono numerosi arresti, feriti e un numero non determinato di morti.
Nonostante la disapprovazione del Re, il primo governo Groza introdusse diverse riforme, compreso il suffragio femminile. Nelle elezioni del 9 novembre 1946, i comunisti ricevettero l'80% dei voti, anche se i partiti di opposizione denunciarono frodi elettorali. Successivamente alle elezioni il Partito Nazionale Contadino fu accusato di spionaggio essendosi i suoi capi incontrati in segreto con funzionari statunitensi nel corso del 1947. Altri partiti successivamente entrarono nel Partito comunista rumeno.
Nel periodo 1946-1947 centinaia di funzionari pubblici, militari e civili, sostenitori del regime del generale Antonescu che si era schierato a fianco delle Potenze dell'Asse, furono processati e molti furono condannati a morte come "criminali di guerra". Antonescu stesso fu giustiziato il 1º giugno 1946. A partire dal 1948, gran parte dei politici dei partiti democratici avevano fatto la stessa fine oppure erano in esilio o in prigione.
Ancora alla fine del 1947 la Romania rimaneva l'unica monarchia del blocco orientale, tuttavia questa eccezione cessò presto di esistere. Il 30 dicembre 1947 Michele I fu costretto ad abdicare. Fu così dichiarata la repubblica popolare, formalizzata con la Costituzione del 13 aprile 1948.
La nuova costituzione proibì e punì ogni associazione che avesse "natura fascista o anti-democratica". Garantì anche la libertà di stampa, di parola e di assemblea per coloro che lavoravano.
Il governo comunista dissolse anche la Chiesa greco-cattolica rumena, dichiarando la sua fusione con la Chiesa ortodossa rumena.
I primi anni dello Stato comunista
I primi anni di governo comunista in Romania furono segnati da ripetuti cambiamenti e da molti arresti e imprigionamenti. Le risorse della nazione furono assorbite dagli accordi SovRom, che facilitarono lo smercio dei prodotti rumeni nell'Unione Sovietica a prezzo nominale. In tutti i ministeri, c'erano "consiglieri" sovietici, che facevano rapporto direttamente a Mosca e detenevano tutti i reali poteri decisionali. Tutta la società era pervasa da agenti infiltrati e informatori della polizia segreta.
Nel 1948 fu annullata la prima riforma agraria, e sostituita da un movimento a favore della fattoria collettiva. La conseguenza fu la "collettivizzazione" forzata, dato che i contadini più ricchi non intendevano cedere la loro terra volontariamente, ma furono costretti con la violenza fisica, le intimidazioni, gli arresti e le deportazioni.
Il 11 giugno 1948 tutte le banche e le maggiori imprese vennero nazionalizzate.
Nella leadership comunista, sembra che ci siano state tre importanti fazioni, tutte staliniste, differenziate più per le loro storie personali che per profonde differenze politiche o ideologiche:
L'era di Gheorghiu-Dej
Gheorghiu-Dej, rigoroso stalinista, non gradì le riforme nell'Unione Sovietica di Nikita Chruščëv dopo la morte di Stalin nel 1953. Non fu d'accordo con l'obiettivo del Comecon di portare la Romania nel blocco orientale, perseguendo un programma di sviluppo dell'industria pesante. Chiuse anche i maggiori campi di lavoro della Romania, abbandonò il progetto del Canale Danubio-Mar Nero, pose fine al razionamento e fece aumentare i salari dei lavoratori.
Tutto questo, combinato con il continuo risentimento del fatto che le terre storiche della Romania rimanessero parte dell'URSS, portò inevitabilmente la Romania di Gheorghiu-Dej su una via relativamente indipendente e nazionalista.
Gheorghiu-Dej si identificò con lo stalinismo, e il regime sovietico più liberale lo spaventò, in quanto poteva minare alla base la sua autorità. Nello sforzo di rinforzare la propria posizione, Gheorghiu-Dej acconsentì alla cooperazione con qualsiasi stato, senza riguardo al sistema politico-economico, finché esso riconosceva l'uguaglianza internazionale e non interferiva con gli affari interni delle altre nazioni. Questa politica portò a un rafforzamento dei legami con la Cina, che invocò anch'essa l'autodeterminazione nazionale.
Nel 1954 Gheorghiu-Dej si dimise da segretario generale del partito, ma conservò il premierato; per un anno da allora un segretariato collettivo di quattro membri, tra i quali Nicolae Ceaușescu, mantenne il controllo del partito, finché Gheorghiu-Dej non riassunse la carica. Nonostante la sua nuova politica di cooperazione internazionale, la Romania si unì al Patto di Varsavia nel 1955, il che implicò la subordinazione e l'integrazione di una parte delle sue milizie nell'apparato militare sovietica. La Romania in seguito rifiutò di permettere manovre militari sul suo territorio e limitò la propria partecipazione nelle operazioni militari al di fuori dell'alleanza.
Nel 1956 il premier sovietico Nikita Chruščëv denunciò Stalin in un discorso segreto tenuto davanti al XX congresso del PCUS. Gheorghiu-Dej e la leadership del Partito dei Lavoratori Rumeno (Partidul Muncitoresc Român, PMR) fecero passare Pauker, Luca e Georgescu come capri espiatori per gli eccessi del passato e sostennero che il partito rumeno aveva eliminato i suoi elementi stalinisti anche prima della morte di Stalin.
Nell'ottobre 1956 i capi comunisti della Polonia rifiutarono di soccombere alle minacce sovietiche di intervento nella politica interna e di installare un politburo più obbediente. Poche settimane dopo, il partito comunista in Ungheria si disintegrò virtualmente durante una rivoluzione popolare. Il comportamento della Polonia e la rivolta ungherese ispirarono gli studenti rumeni e i lavoratori a manifestare nelle università e nelle città industriali chiedendo libertà, migliori condizioni di vita e la fine della dominazione sovietica. Temendo che la rivolta ungherese potesse incitare la popolazione ungherese della sua nazione a rivoltarsi, Gheorghiu-Dej invocò l'intervento sovietico, e l'Unione Sovietica rinforzò pertanto la propria presenza militare in Romania, in particolare sul confine con l'Ungheria. Anche se i disordini in Romania furono frammentari e controllabili, quelli ungheresi non lo furono altrettanto, così nel novembre Mosca pianificò la violenta invasione dell'Ungheria.
Dopo la rivoluzione del 1956, Gheorghiu-Dej lavorò in stretto contatto con il nuovo leader ungherese, János Kádár. Anche se la Romania inizialmente aveva accolto l'ex premier ungherese in esilio, Imre Nagy, in seguito lo restituì a Budapest per il processo e l'ineludibile esecuzione. In cambio, Kádár rinunciò alla richiesta ungherese della Transilvania e denunciò gli ungheresi che lì avevano sostenuto la rivoluzione come sciovinisti, nazionalisti e irredentisti.
In Transilvania, da parte loro, le autorità rumene unirono le università ungheresi e rumene a Cluj e consolidarono le scuole intermedie.
Il governo della Romania prese anche misure per risolvere lo scontento della popolazione, riducendo gli investimenti nell'industria pesante, decentralizzando il comando economico, aumentando i salari e gli incentivi e istituendo strumenti per la direzione dei lavoratori. Le autorità eliminarono la cessione obbligatoria delle fattorie private, ma riaccelerarono il programma di collettivizzazione verso la metà degli anni 1950, anche se meno brutalmente che in precedenza. Il governo dichiarò la collettivizzazione completa nel 1962, con le fattorie collettive e statali che controllavano il 77% delle terre arabili.
Nonostante Gheorghiu-Dej sostenesse di aver epurato il partito rumeno dagli stalinisti, rimase suscettibile di attacchi per la sua ovvia complicità nelle attività del partito dal 1944 al 1953. A un meeting plenario del PMR del marzo 1956, Miron Constantinescu e Iosif Chișinevschi, entrambi membri del Politburo e candidati premier, criticarono Gheorghiu-Dej. Constantinescu, che invocò una liberalizzazione in stile Chruščëv, mise in pericolo Gheorghiu-Dej a causa dei suoi collegamenti con la leadership di Mosca. Il PMR espulse Constantinescu e Chișinevschi nel 1957, denunciandoli come stalinisti e incolpandoli di associazione con Pauker. Dopo di ciò, Gheorghiu-Dej non dovette temere altre sfide alla sua leadership. Ceaușescu sostituì Constantinescu come capo dei quadri del PMR.
Gheorghiu-Dej non raggiunse mai un accordo mutuamente accettabile con l'Ungheria sulla Transilvania. Il premier rumeno si accostò al problema in modo ambivalente, arrestando i capi dell'Alleanza Popolare Ungherese, ma stabilendo una Provincia Autonoma Ungherese nella terra dei Székely. Questo servì a dare una fittizia immagine di attenzione verso le minoranze nazionali.
Gran parte degli ebrei rumeni approvarono inizialmente il comunismo, e taluni si compromisero con gli occupanti sovietici e il nuovo regime, come reazione all'anti-semitismo imperante nel paese in precedenza. A partire dagli anni cinquanta, tuttavia, molti ebrei vennero licenziati con la crescente ondata di discriminazione introdotta dal partito e a malincuore subirono le limitazioni dell'emigrazione verso Israele.
La persecuzione, il sistema concentrazionario e la resistenza anti-comunista
Con l'occupazione sovietica del 1945 iniziarono le crudeli persecuzioni di ogni possibile nemico del regime comunista. L'Armata Rossa si comportò come forza di occupazione (anche se teoricamente la Romania era un alleato contro la Germania nazista), e poté arrestare chiunque fosse sospettato di essere un attivista fascista o anti-sovietico.[4]
Una volta che il regime comunista fu divenuto stabile, il numero degli arresti continuò a crescere. Furono coinvolti tutti gli strati della società, ma l'obiettivo principale furono le élite pre-belliche, come gli intellettuali, gli uomini di chiesa, gli insegnanti, gli ex politici (anche se avevano orientamenti di sinistra) e chiunque potesse far potenzialmente parte del nucleo di resistenza anti-comunista.[4]
Le prigioni esistenti furono riempite con prigionieri politici, e fu creato un nuovo sistema di campi e prigioni per i lavori forzati, progettato sul modello sovietico dei Gulag inventato dallo Zar Ivan il Terribile. Il progetto di escavazione del Canale Danubio-Mar Nero servì come pretesto per l'edificazione di diversi campi di lavoro, dove morirono moltissime persone di vecchiaia. Tra i campi di prigionia più famosi ci furono Sighet, Gherla, Pitești e Aiud; i lavori forzati furono istituiti anche nelle miniere di alluminio presso il Delta del Danubio.
La prigione di Pitești nel primissimo dopoguerra fu sede di un particolare esperimento, volto alla "rieducazione forzata" di prigionieri politici tramite violenze e torture fisiche e psicologiche, operate da sorveglianti che erano essi stessi prigionieri politici, come ex-appartenenti alla Guardia di Ferro. Terminò con la rumenizzazione del regime comunista.
Le misure staliniste del governo comunista previdero la deportazione dei contadini dal Banato (Transilvania sud-orientale, al confine con la Jugoslavia) a partire dal 18 giugno 1951. A circa 45.000 persone furono date due ore per raccogliere i propri averi, caricarli in carri bestiame sotto guardia armata e furono "risistemati" nelle pianure orientali (Bărăgan). Questa azione ebbe lo scopo di intimidazione tattica per obbligare i contadini restanti a unirsi alle fattorie collettive. Gran parte dei trasferiti in piena libertà visse a Bărăgan per quasi 5 anni (fino al 1956), mentre altri vi rimasero permanentemente.
La resistenza anti-comunista all'inizio assunse anche una forma organizzata, e molte persone che si opponevano al regime imbracciarono le armi e formarono gruppi "partigiani", di 10-40 persone. Ci furono attacchi alla polizia e sabotaggi; tra i partigiani più famosi ci furono Elisabeta Rizea di Nucșoara e Gheorghe Arsenescu-Arnăuțoiu. Nonostante la polizia segreta (Securitate) e le truppe armate contro i rivoltosi, la resistenza armata sulle montagne continuò fino ai primi anni 1960, e uno dei più famosi capi partigiani non fu catturato fino al 1974.
Un'altra forma di resistenza anti-comunista, questa volta non violenta, fu la rivolta studentesca di Bucarest del 1956. In risposta alla rivolta anti-comunista in Ungheria, gli echi si fecero sentire in tutti gli stati del blocco orientale. Si verificarono proteste in alcuni centri universitari, che portarono a numerosi arresti ed espulsioni, ma poi vennero rimpatriati e rilasciati tutti. La più organizzata protesta studentesca avvenne a Timișoara, dove 300 persone furono arrestate. A Bucarest e Cluj, furono istituiti gruppi organizzati per cercare di fare causa comune con il movimento anti-comunista ungherese e coordinare così le attività. La reazione delle autorità fu immediata: gli studenti furono arrestati o sospesi dalle lezioni, alcuni insegnanti vennero licenziati e furono fondate nuove associazioni per supervisionare le attività studentesche.
Il regime di Ceaușescu
Nicolae Ceauşescu assieme ai segretari dei partiti comunisti e ai leader dei paesi del COMECON (6 luglio 1966)Gheorghiu-Dej morì nel 1965 in circostanze non chiare (la sua morte avvenne quando si trovava a Mosca per trattamenti medici) e, dopo l'inevitabile lotta per il potere, gli successe Nicolae Ceaușescu. Quando Gheorghiu-Dej si trovava su una linea stalinista mentre l'Unione Sovietica era in periodo riformista, Ceaușescu apparve inizialmente come riformista, quando l'URSS veniva condotta nel neostalinismo da Leonid Il'ič Brežnev.
Ceaușescu ha rifiutato di attuare misure di liberismo economico. L'evoluzione del suo regime seguì il percorso iniziato da Gheorghe Gheorghiu-Dej. Egli continuò il programma di industrializzazione intensiva volto all'autosufficienza economica del paese, che dal 1959 aveva già raddoppiato la produzione industriale e ridotto la popolazione contadina dal 78% alla fine degli anni Quaranta al 61% nel 1966 e al 49% nel 1971. Tuttavia, per la Romania, come per altre repubbliche popolari orientali, l'industrializzazione non significò una completa rottura sociale con le campagne. I contadini tornavano periodicamente nei villaggi o vi risiedevano, facendo i pendolari ogni giorno verso la città in una pratica conosciuta come naveta. Questo ha permesso ai rumeni di agire come contadini e lavoratori allo stesso tempo.[5]
Le università furono fondate anche nelle piccole città rumene per formare professionisti qualificati, come ingegneri, economisti, pianificatori e avvocati, che erano necessari per il progetto di industrializzazione e sviluppo del paese. L'assistenza sanitaria rumena ha anche ottenuto miglioramenti e riconoscimenti da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nel maggio 1969, Marcolino Candau, direttore generale dell'OMS, visitò la Romania e dichiarò che le visite del personale dell'OMS in vari ospedali rumeni avevano fatto un'ottima impressione.[5]
Le trasformazioni sociali ed economiche hanno portato a un miglioramento delle condizioni di vita dei rumeni. La crescita economica permetteva salari più alti che, combinati con i benefici offerti dallo stato (cure mediche gratuite, pensioni, istruzione universale gratuita a tutti i livelli, ecc.) erano un salto rispetto alla situazione precedente alla seconda guerra mondiale della popolazione rumena. Fu concessa una paga extra ai contadini, che iniziarono a produrre di più.[5]
Nei primi anni di potere, Ceaușescu fu popolare, sia in patria che all'estero. Le merci agricole erano abbondanti, iniziavano a ricomparire i beni di consumo, ci fu uno slancio culturale e, principalmente all'estero, il leader si pronunciò contro l'invasione della Cecoslovacchia del 1968. Mentre la sua reputazione all'interno della Romania iniziava a decrescere, egli continuò tuttavia a intrattenere buone relazioni con i governi occidentali e con le istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, a causa della sua linea politica indipendente. La Romania con Ceaușescu mantenne relazioni diplomatiche con, tra gli altri, Germania Ovest, Israele, Cina e Albania, con cui Mosca aveva interrotto la diplomazia per diverse ragioni.
Il periodo di libertà e di apparente prosperità non durò molto. Anche all'inizio, la libertà di riproduzione fu severamente limitata. Volendo aumentare il tasso di nascita, nel 1966 Ceaușescu promulgò una legge che limitava il ricorso all'aborto e alla contraccezione: solo le donne con più di 40 anni e con almeno quattro figli potevano usufruirne; nel 1972 questa possibilità esistette solo per le donne sopra i 45 anni e con almeno cinque figli. Come si stabilì, «Il feto è proprietà dell'intera società»[senza fonte], venendo introdotta una tassa sul celibato che poteva ammontare anche al 10% dello stipendio mensile, detratta solo fino alla nascita dei primogeniti. Il tasso di natalità salì alle stelle, laddove si mirava ad un aumento della popolazione attiva dai 23 ai 30 milioni di lavoratori, ma inversamente la mortalità infantile aumentò a 83 morti ogni mille nati. Le donne con meno di 45 anni venivano convocate sul posto di lavoro ed esaminate per riscontrare eventuali segni di gravidanza (sotto la supervisione di agenti governativi soprannominati «polizia mestruale»[senza fonte]). Molti romeni fuggirono in Ungheria, lasciandosi a milioni schiere di orfani affamati, in gran parte con gravi problemi di sviluppo, fatto che verrà appreso con grande sdegno dalla comunità internazionale solo nel 1990.
Vi furono anche altri abusi e violazioni dei diritti umani, tipici dei regimi stalinisti: un massiccio uso della polizia segreta (la "Securitate"), la censura, gli spostamenti della popolazione, anche se non come negli anni 1950.
Durante l'era di Ceaușescu, esisteva un commercio segreto tra la Romania e Israele e la Germania Ovest; tramite questo commercio, Israele e la RFT pagavano la Romania per permettere ai cittadini rumeni con antenati ebrei o sassoni di emigrare verso Israele o la Germania Ovest rispettivamente.
La Romania di Ceaușescu continuò a proseguire la politica di Gheorghiu-Dej dell'industrializzazione, ma produsse poche merci di qualità accettabile per il mercato globale. Inoltre, dopo una visita nella Corea del Nord, Ceaușescu sviluppò una visione megalomane di completa ristrutturazione della nazione: questo periodo divenne conosciuto come "sistematizzazione". Una grande porzione della capitale Bucarest fu abbattuta per far posto al complesso della Casa Poporului (Casa del Popolo), oggi Palazzo del parlamento romeno, e al Centrul Civic (Centro Civico); la rivoluzione del 1989 lasciò comunque gran parte delle opere incompiute, come la nuova Biblioteca Nazionale e il Museo Nazionale di Storia. Durante le grandi demolizioni degli anni 1980, questa area fu chiamata popolarmente "Ceaușima" - un'allusione satirica a Ceaușescu e Hiroshima.[6] Attualmente, la zona si sta sviluppando come area commerciale, con il nome di Esplanada.
Prima della metà degli anni 1970 Bucarest, come molte altre città, si sviluppò con l'espansione della città, in particolare verso sud, est ed ovest, con la costruzione di molti quartieri dormitorio nell'estrema periferia, alcuni (come Drumul Taberei) di valore architettonico e urbanistico. Furono effettuati piani di conservazione, specialmente negli anni '60 e '70, ma tutti poi vennero fermati dopo che Ceaușescu diede inizio alla cosiddetta "Mica revoluție culturală" ("Piccola Rivoluzione Culturale"), dopo aver visitato la Corea del Nord e la Repubblica Popolare Cinese e dopo aver tenuto un discorso noto come "Tesi di luglio".
Il grande terremoto del 1977 scosse Bucarest, molti edifici crollarono e molti altri vennero seriamente danneggiati; questa fu la goccia che portò alla politica di demolizione in larga scala, che colpì i monumenti storici e i capolavori architettonici, come il monumentale Monastero di Vǎcǎrești (1722), le chiese di "Sfânta Vineri" (1645) ed "Enei" (1611), i Monasteri di Cotroceni (1679) e Pantelimon (1750), lo "Stadio della Repubblica" art déco (ANEF Stadium, 1926). Anche un vecchio ospedale (Spitalul Brancovenesc), costruito tra 1835-1838, come ospedale per i poveri, fu demolito all'inizio del 1984. Un'altra tattica utilizzata fu quella di abbandonare e trascurare gli edifici, in modo da portarli in uno stato tale da giustificarne la demolizione.
Pertanto, la politica cittadina dopo il terremoto non fu quella della ricostruzione, ma quella di demolizione e ricostruzione. Un'analisi dell'Unione degli Architetti, commissionata nel 1990, verificò che più di 2000 edifici furono abbattuti, 77 dei quali di rilevante importanza architettonica, e gran parte di essi in buone condizioni. Anche la Gara de Nord (la principale stazione ferroviaria della città), iscritta nella Lista di Patrimoni dell'Umanità Architettonici in Romania fu messa in lista per l'abbattimento, e fu sostituita all'inizio del 1992.
Nonostante tutto ciò e nonostante i trattamenti degli orfani infetti di HIV, la nazione continuò ad avere un buon sistema scolastico e un buon servizio sanitario. Inoltre, non tutti i progetti di industrializzazione furono un fallimento: Ceaușescu lasciò la Romania con un sistema efficiente di generazione di energia e di trasmissione, diede a Bucarest una metropolitana funzionante, e lasciò molte città con un incremento nella costruzione di appartamenti ad uso abitativo.
Negli anni 1980, Ceaușescu divenne ossessionato dall'idea di dover ripagare i prestiti stranieri e con la costruzione di un suo Palazzo del Popolo di proporzioni immense, insieme al Centrul Civic da costruirvi vicino. Questo portò a una diminuzione delle merci disponibili per i rumeni. Dal 1984, nonostante l'alta produzione alimentare, fu introdotto il razionamento del cibo su larga scala (il governo lo promosse come "metodo per ridurre l'obesità"). Pane, latte, olio, zucchero, carne, e in alcuni luoghi anche le patate, furono razionati in Romania nel 1989, con razioni che divenivano sempre minori ogni anno (nel 1989, una persona poteva acquistare legalmente solo 10 uova al mese, da metà a un filone di pane, a seconda del luogo di residenza, o 500 grammi di qualunque tipo di carne). Gran parte di ciò che era in vendita erano rimanenze o scarti delle esportazioni, dato che gran parte delle merci di qualità venivano esportate, anche sottoprezzo, per ottenere denaro per pagare i debiti o per finanziare le opere sempre maggiori dell'industrializzazione pesante.
Divenne abitudine per i rumeni mangiare le "tacâmuri de pui" (ali di pollo), olio da cottura misto (non raffinato, scuro, olio di soia di qualità pessima), "București Salami" (consistente di soia, farina di ossa, frattaglie e lardo di maiale), surrogato di caffè (fatto di grano), pesce oceanico e sardine come sostituti della carne e formaggio mescolato a farina. Anche questi prodotti si trovavano in scarse quantità, con code al di fuori dei negozi dove erano in vendita. Tutti i prodotti di qualità, come il salame Sibiu e Victoria, la carne di maggiore qualità e le pesche della Dobrugia furono diretti solo verso le esportazioni, e furono disponibili per i rumeni solo al mercato nero.
Nel 1985, nonostante l'alta capacità di raffinamento della Romania, il petrolio fu razionato e le forniture vennero drasticamente tagliate; fu istituito un coprifuoco domenicale, e molti autobus e taxi vennero convertiti alla propulsione a metano. L'elettricità fu razionata per farla convergere all'industria pesante, con un consumo massimo mensile per famiglia di 20 kWh (sopra il limite si veniva tassati pesantemente) e black out molto frequenti (1-2 ore al giorno). Le luci nelle vie erano generalmente tenute spente e la televisione venne ridotta a due ore al giorno.
Fu tagliato anche il gas e il riscaldamento; le persone nelle città dovettero convertirsi ai container di gas naturale ("butelii"), o a stufe a carbone, anche se erano collegati alla rete del gas. Secondo un decreto del 1988, tutti gli spazi pubblici dovevano rimanere a una temperatura non superiore ai 16 °C in inverno (gli unici edifici esentati erano gli asili e gli ospedali), mentre altri edifici (come le fabbriche) non dovevano essere riscaldati a più di 14 °C. Tutti i negozi dovevano chiudere alle 17:30, per non sprecare elettricità. Fece la sua comparsa il mercato nero, in cui le sigarette divennero la seconda valuta circolante della Romania (era illegale e punito con 10 anni di arresto il possesso o il commercio di valute straniere), venendo utilizzate per comprare qualsiasi cosa, dal cibo al vestiario o le medicine. Il servizio sanitario cadde in una profonda crisi, poiché le medicine non venivano più importate.
Il controllo sulla società divenne sempre più stretto, vennero installati sistemi di sorveglianza nascosta nei telefoni, la Securitate arruolò molti più agenti, la censura fu estesa e furono riempiti elenchi di informazioni e rapporti riguardo a moltissimi cittadini. Nel 1989, secondo il CNSAS (Consiglio per gli Studi degli Archivi dell'Ex Securitate), un rumeno su tre era informatore della Securitate. A causa dello stato della nazione, le entrate dovute al turismo collassarono, il numero di turisti stranieri scese del 75% e tre dei principali operatori che organizzavano viaggi in Romania lasciarono il paese nel 1987.
Ci fu anche una rinascita dello sforzo per la costruzione del Canale Danubio-Mar Nero, che fu completato insieme a un sistema di canalizzazioni nazionali per la rete di irrigazione (una parte di essa fu completata, mentre la gran parte fu solo un progetto o fu presto abbandonata); si cercò di migliorare la rete ferroviaria con l'elettrificazione e un sistema di controllo moderno, si lavorò per la costruzione di una centrale nucleare presso Cernavodă, un sistema di generazione di energia idroelettrica (inclusa la stazione energetica Porțile de Fier sul Danubio, in cooperazione con la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia), una rete di raffinerie per l'olio, una flotta sviluppata per la pesca oceanica a Constanța, una buona base industriale per le industrie chimiche e di macchinari pesanti e una politica estera sviluppata.
Il lato negativo fu che le decisioni di questo periodo lasciarono alla nazione un'industria pesante che utilizzava metodi di produzione arcaici, consumando una quantità esagerata di risorse e producendo materiale di bassa qualità. Gran parte della produzione non poteva essere venduta e finiva pertanto con il deteriorarsi al di fuori delle fabbriche dove era stata fabbricata; l'industria leggera era enormemente sottosviluppata e sottodimensionata: i rumeni dovevano aspettare tre mesi per una lavatrice, 1-2 anni per un televisore, dai 5 ai 9 anni per un'automobile. Questa industria era inoltre tecnologicamente obsoleta, in quanto la Romania nel 1989 produceva auto degli anni sessanta e televisori e lavatrici degli anni settanta. La rete di comunicazione, con l'eccezione della modernizzazione delle linee ferroviarie, era ferma ai livelli degli anni cinquanta; nel 1989 la Romania possedeva solo 100 km di autostrade, anch'essi in stato fatiscente.
La rete telefonica era una delle meno affidabili d'Europa, perché si affidava alle tecnologie ad indirizzamento manuale degli anni trenta-cinquanta nei villaggi e alle prime tecnologie automatiche degli anni sessanta nelle città. Nel 1989 in Romania c'erano circa 700 000 linee telefoniche per una popolazione di 23 milioni di abitanti. Le trasmissioni televisive erano limitate a due ore al giorno e trasmettevano principalmente programmi di propaganda. La maggior parte delle persone preferiva pertanto assistere a trasmissioni televisive bulgare, jugoslave, ungheresi o sovietiche, dove il segnale era sufficientemente forte, utilizzando antenne illegali o mini-satelliti. C'erano pochissimi computer ad 8-bit, cloni dei computer occidentali, basati sull'architettura del Sinclair ZX Spectrum, utilizzati principalmente nelle stazioni di lavoro delle fabbriche.
Altra eredità di questa epoca fu l'inquinamento: il regime di Ceaușescu si posizionò tra gli ultimi nella classifica tra gli stati comunisti dell'Europa orientale. Tra le situazioni peggiori ci furono Copșa Mică con la fabbrica del carbone (negli anni ottanta l'intera città si poteva vedere dal satellite coperta da una spessa nuvola nera), Hunedoara, o il progetto lanciato nel 1989 per convertire l'intero delta del Danubio (patrimonio dell'umanità UNESCO) in campi per l'agricoltura.
Caduta
Diversamente dall'Unione Sovietica nella stessa epoca, la Romania non sviluppò un élite privilegiata e ampia. Al di fuori dei parenti di Ceaușescu, gli ufficiali al governo venivano spesso spostati da un incarico ad un altro e anche da una città all'altra, per ridurre le possibilità di ottenere potere. Questa situazione impedì la nascita di un movimento riformista del comunismo (come in URSS con Michail Gorbačëv), cosa che avvenne invece in Ungheria. Diversamente dalla Polonia, Ceaușescu reagì agli scioperi solo attraverso una strategia di ulteriore oppressione. Un certo dissenso interno al partito, tuttavia, andava creandosi, come nel caso della pubblicazione della Lettera dei Sei, documento di protesta contro la dittatura personale di Ceaușescu, elaborato da sei politici strettamente legati al regime. La Romania fu uno degli ultimi regimi comunisti dell'Europa dell'Est a cadere; la sua caduta fu tuttavia una delle più violente del tempo.
Le proteste e gli scontri scoppiarono a Timișoara il 17 dicembre, quando i soldati aprirono il fuoco sui protestanti, uccidendo circa 100 persone. Dopo aver accorciato un viaggio in Iran, Ceaușescu tenne un discorso in televisione il 20 dicembre, nel quale condannò gli eventi di Timișoara, considerandoli un atto di intervento straniero nella sovranità rumena, e dichiarò il Coprifuoco Nazionale, convocando una riunione di massa dei suoi sostenitori a Bucarest il giorno successivo. Nel mondo si sparse la notizia della rivolta di Timișoara e la mattina del 21 dicembre scoppiarono altre proteste a Sibiu, Bucarest, e in moltissimi altri luoghi. La riunione indetta da Ceaușescu finì nel caos e nei tafferugli, e il Capo stesso della Romania si nascose all'interno del Palazzo del Presidente dopo aver perso il controllo dei suoi stessi sostenitori. La mattina del giorno seguente, il 22 dicembre, fu annunciato che il generale dell'esercito Vasile Milea era morto per suicidio; la popolazione stava assediando il palazzo in cui si nascondeva Ceaușescu, mentre la Securitate non lo aiutò. Il leader scappò in elicottero dal tetto, per essere poi lasciato a Târgoviște, dove fu formalmente arrestato, processato e giustiziato insieme alla moglie Elena il 25 dicembre.
Controversia sugli eventi del dicembre 1989 Per diversi mesi dopo gli eventi del dicembre 1989, iniziò a circolare la voce che Ion Iliescu e il FSN avevano solo tratto vantaggio dal caos per organizzare un colpo di Stato. È chiaro che dal dicembre 1989 le politiche economiche controproducenti di Ceaușescu gli erano costate il sostegno di molti ufficiali del governo e anche dei quadri del Partito Comunista più leali: gran parte di questi si unì alle forze rivoluzionarie popolari o si rifiutò semplicemente di sostenerlo. Questa perdita del sostegno da parte degli ufficiali del regime fu il colpo finale della Romania comunista.
Cultura
Durante il regime comunista vi fu in Romania una fervida attività editoriale. Con il proposito di dover educare la maggior parte della popolazione, vennero pubblicati un grandissimo numero di libri. Nacquero case editoriali che stampavano unicamente su larga scala, come ad esempio la Cartea Românească, che pubblicò la Biblioteca pentru Toţi (L'enciclopedia per tutti) con oltre 5.000 libri al suo interno. Librerie pubbliche furono aperte in quasi tutti i villaggi rumeni, ed in generale si potevano trovare ovunque le ultime novità editoriali. Inoltre, i bassi costi di vendita consentivano a tutti di possedere in casa una piccola libreria personale. Il rovescio della medaglia era però portato dalla stringente censura apportata dal Partito Comunista Rumeno su un larghissimo numero di libri stranieri. In aggiunta, a seguito dei razionamenti che colpivano ogni aspetto della vita economica del paese, le edizioni erano spesso realizzate con carta di scarsa qualità, e i libri tendevano a deteriorarsi in breve tempo.
Sempre in questo periodo si registrò inoltre un aumento dei teatri pubblici, che per la prima volta fecero la loro comparsa anche nelle città medio-piccole rumene. Tra i più importanti teatri che sorsero sotto il regime comunista vi è il Teatro Nazionale di Bucarest, situato nel centro della capitale rumena. Nelle piccole città sorsero inoltre i cosiddetti "Teatri dei Lavoratori", istituzioni semi professionali spesso portate avanti dai cittadini. Tutti i teatri disponevano di un budget annuale erogato dallo Stato. Di contro, anche qui la censura era costantemente utilizzata ed in scena andavano solamente quelle opere ideologicamente affini alle idee del regime.
Anche il cinema ebbe un'evoluzione simile a quella dei teatri, e spesso film ed opere teatrali andavano in scena nella stessa struttura pubblica. I film erano molto popolari tra i cittadini rumeni, e a partire dal 1960 anche i film stranieri iniziarono lentamente ad essere presenti sui grandi schermi. I film Western, quando mandati in onda, erano spesso censurati: interi spezzoni del film venivano tagliati, e i dialoghi erano tradotti utilizzando esclusivamente parole ideologicamente accettate dal Comitato Centrale. Tolto ciò, va comunque considerato che l'ossatura principale del cinema in Romania era composta da film realizzati nel paese o da pellicole provenienti dal blocco comunista. Negli anni '60, finanziata dal Governo, sorse una florida industria cinematografica nella città di Buftea, a circa 20 chilometri da Bucarest. I film che andavano per la maggiore durante il periodo comunista erano quelli del genere gangster e quelli storici.
Architettura
Con l'ascesa al potere nel 1947 di Gheorghe Gheorghiu-Dej cominciò per la Romania un periodo di veloce industrializzazione, che portò nel giro di pochi anni alla costruzione di infrastrutture e di industrie pesanti. Verso la metà del 1970 si assistette inoltre ad una generalizzata espansione delle città rumene, e nelle periferie si costruirono enormi palazzi-dormitorio, destinati a quei cittadini che, dalla campagna, avevano raggiunto i centri industriali in cerca di lavoro.
Un ulteriore spinta all'architettura rumena arrivò con la presa del potere da parte di Nicolae Ceaușescu nel 1967. Quest'ultimo, dopo una visita nel 1971 in Corea del Nord, rimase molto impressionato dal genere di mastodontiche costruzioni che abbellivano la capitale Pyongyang, al punto da spingerlo a ripensare completamente il centro della capitale rumena Bucarest. Questo processo di "ristrutturazione" forzata delle città rumene è passato alla storia col termine di "sistematizzazione". Interi nuovi quartieri sorsero nel giro di pochi anni, utilizzando quasi sempre strutture prefabbricate. L'altezza media dei nuovi edifici era di 8-10 piani, e ciò cambiò radicalmente lo Skyline della capitale rumena. Tuttavia in questo processo furono distrutti centinaia di edifici appartenenti al centro storico.
Al di fuori della capitale la mano del Partito Comunista Rumeno fu probabilmente ancora più pesante. Nei villaggi rurali ed in alcune città si distrussero interi centri storici, che vennero velocemente sostituiti da blocchi abitativi e zone industriali. Con l'ironico soprannome di "Circhi della fame" sono poi passati alla storia quei conglomerati edilizi costruiti in molte città che avrebbero dovuto, nelle intenzioni del regime, essere l'equivalente dei supermarket occidentali. In realtà molti di questi poli cittadini rimasero incompiuti, e quelli ultimati sono divenuti nella migliore delle occasioni i mercati coperti della città.
Repubblica Socialista di Romania (in romeno Republica Socialistă România) è il termine con cui si indica il periodo della storia della Romania durante il quale la nazione, conosciuta anche tra il 1947 ed il 1965 come Repubblica Popolare Romena (in romeno Republica Populară Romînă), venne governata dal Partito Comunista Rumeno, a partire dall'abdicazione forzata del Re Michele I di Romania il 30 dicembre 1947, fino al rovesciamento del regime nel dicembre 1989 con la rivoluzione romena.
Dopo la seconda guerra mondiale, l'Unione Sovietica fece pressioni affinché il Partito Comunista della Romania, che in precedenza era stato illegale, entrasse nel governo, mentre i capi politici non comunisti fossero eliminati dallo scenario politico. Il Re Michele abdicò proprio a causa delle pressioni e si ritirò in esilio il 30 dicembre 1947, quando fu dichiarata la Repubblica Popolare Rumena.
Durante i primi anni, le scarse risorse della Romania dopo la guerra furono tratte dagli accordi "SovRom": numerose imprese sovietico-rumene si installarono in Romania poco dopo la seconda guerra mondiale, per mascherare la presa di possesso della nazione da parte dell'URSS, che si aggiungeva alle pesanti riparazioni di guerra già pagate all'Unione Sovietica. Moltissime persone (le diverse stime variano da 137[1] ad alcune centinaia[2]) furono imprigionate per ragioni politiche o economiche. Ci fu un gran numero di abusi, morti, incidenti e torture verso molte persone, principalmente oppositori politici.[3]
Nei primi anni 1960, il governo comunista della Romania iniziò a dimostrarsi indipendente dall'Unione Sovietica. Nicolae Ceaușescu divenne Capo del Partito Comunista nel 1965 e Capo di Stato nel 1967.
.Quando il re Michele I, sostenuto dai principali partiti politici, rovesciò la dittatura di Ion Antonescu nell'agosto 1944, portando la Romania verso gli Alleati, non poté far cancellare il ricordo della partecipazione della sua nazione nell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica anche se la Romania, che aveva subito l'ultimatum sovietico nel 1940, era stato un paese aggredito e non aggressore come la Germania e l'Italia. Le forze armate rumene avevano combattuto sotto comando sovietico, sia nella Transilvania settentrionale, che in Ungheria, Cecoslovacchia e Austria, ma i sovietici, che pure avevano riconsegnato alla Romania la Transilvania settentrionale, trattavano ancora la Romania come territorio occupato, con il pretesto che le autorità rumene erano incapaci di assicurare l'ordine nei territori appena liberati, e che non si erano sopite le inimicizie tra i nazionalisti rumeni e ungheresi.
La Conferenza di Jalta aveva assegnato la Romania alla sfera di influenza dell'URSS, i Trattati di Pace di Parigi non riconobbero alla Romania lo status di nazione co-belligerante, e l'Armata Rossa continuò la sua permanenza sul suolo rumeno per 14 anni con un elevato numero di effettivi (anche 1 milione di uomini). I comunisti giocarono un ruolo minore nel governo di Michele I in tempo di guerra, diretto dal Generale Nicolae Rădescu, ma questa situazione cambiò radicalmente nel marzo 1945, quando Petru Groza del Fronte degli Aratori, un partito in stretta relazione con i Comunisti, divenne Primo ministro della Romania. Anche se il suo governo fu allargato per comprendere gran parte dei maggiori partiti prebellici, esclusa la Guardia di Ferro, i comunisti detennero i ministeri chiave.
Il Re non era d'accordo con le direttive di questo governo, ma quando il sovrano tentò di obbligare il Primo Ministro Groza alle dimissioni rifiutando di firmare ogni sua legge (una mossa conosciuta come "il colpo reale"), Groza scelse semplicemente di emanare le leggi senza preoccuparsi di ottenere la firma del Re. L'8 novembre 1945 si tenne una manifestazione anti-comunista di fronte al Palazzo Reale di Bucarest, ma fu repressa con la forza; ci furono numerosi arresti, feriti e un numero non determinato di morti.
Nonostante la disapprovazione del Re, il primo governo Groza introdusse diverse riforme, compreso il suffragio femminile. Nelle elezioni del 9 novembre 1946, i comunisti ricevettero l'80% dei voti, anche se i partiti di opposizione denunciarono frodi elettorali. Successivamente alle elezioni il Partito Nazionale Contadino fu accusato di spionaggio essendosi i suoi capi incontrati in segreto con funzionari statunitensi nel corso del 1947. Altri partiti successivamente entrarono nel Partito comunista rumeno.
Nel periodo 1946-1947 centinaia di funzionari pubblici, militari e civili, sostenitori del regime del generale Antonescu che si era schierato a fianco delle Potenze dell'Asse, furono processati e molti furono condannati a morte come "criminali di guerra". Antonescu stesso fu giustiziato il 1º giugno 1946. A partire dal 1948, gran parte dei politici dei partiti democratici avevano fatto la stessa fine oppure erano in esilio o in prigione.
Ancora alla fine del 1947 la Romania rimaneva l'unica monarchia del blocco orientale, tuttavia questa eccezione cessò presto di esistere. Il 30 dicembre 1947 Michele I fu costretto ad abdicare. Fu così dichiarata la repubblica popolare, formalizzata con la Costituzione del 13 aprile 1948.
La nuova costituzione proibì e punì ogni associazione che avesse "natura fascista o anti-democratica". Garantì anche la libertà di stampa, di parola e di assemblea per coloro che lavoravano.
Il governo comunista dissolse anche la Chiesa greco-cattolica rumena, dichiarando la sua fusione con la Chiesa ortodossa rumena.
I primi anni dello Stato comunista
I primi anni di governo comunista in Romania furono segnati da ripetuti cambiamenti e da molti arresti e imprigionamenti. Le risorse della nazione furono assorbite dagli accordi SovRom, che facilitarono lo smercio dei prodotti rumeni nell'Unione Sovietica a prezzo nominale. In tutti i ministeri, c'erano "consiglieri" sovietici, che facevano rapporto direttamente a Mosca e detenevano tutti i reali poteri decisionali. Tutta la società era pervasa da agenti infiltrati e informatori della polizia segreta.
Nel 1948 fu annullata la prima riforma agraria, e sostituita da un movimento a favore della fattoria collettiva. La conseguenza fu la "collettivizzazione" forzata, dato che i contadini più ricchi non intendevano cedere la loro terra volontariamente, ma furono costretti con la violenza fisica, le intimidazioni, gli arresti e le deportazioni.
Il 11 giugno 1948 tutte le banche e le maggiori imprese vennero nazionalizzate.
Nella leadership comunista, sembra che ci siano state tre importanti fazioni, tutte staliniste, differenziate più per le loro storie personali che per profonde differenze politiche o ideologiche:
- I "Moscoviti", tra cui Ana Pauker e Vasile Luca, che avevano trascorso gli anni di guerra a Mosca
- I "Comunisti Prigionieri", tra cui Gheorghe Gheorghiu-Dej, che erano stati nelle carceri rumene durante la guerra
- Gli stalinisti "Comunisti del Segretariato", tra cui Lucrețiu Pătrășcanu, che si erano nascosti durante gli anni di Antonescu ed avevano partecipato al governo immediatamente dopo il colpo di Stato di Re Michele del 1944.
L'era di Gheorghiu-Dej
Gheorghiu-Dej, rigoroso stalinista, non gradì le riforme nell'Unione Sovietica di Nikita Chruščëv dopo la morte di Stalin nel 1953. Non fu d'accordo con l'obiettivo del Comecon di portare la Romania nel blocco orientale, perseguendo un programma di sviluppo dell'industria pesante. Chiuse anche i maggiori campi di lavoro della Romania, abbandonò il progetto del Canale Danubio-Mar Nero, pose fine al razionamento e fece aumentare i salari dei lavoratori.
Tutto questo, combinato con il continuo risentimento del fatto che le terre storiche della Romania rimanessero parte dell'URSS, portò inevitabilmente la Romania di Gheorghiu-Dej su una via relativamente indipendente e nazionalista.
Gheorghiu-Dej si identificò con lo stalinismo, e il regime sovietico più liberale lo spaventò, in quanto poteva minare alla base la sua autorità. Nello sforzo di rinforzare la propria posizione, Gheorghiu-Dej acconsentì alla cooperazione con qualsiasi stato, senza riguardo al sistema politico-economico, finché esso riconosceva l'uguaglianza internazionale e non interferiva con gli affari interni delle altre nazioni. Questa politica portò a un rafforzamento dei legami con la Cina, che invocò anch'essa l'autodeterminazione nazionale.
Nel 1954 Gheorghiu-Dej si dimise da segretario generale del partito, ma conservò il premierato; per un anno da allora un segretariato collettivo di quattro membri, tra i quali Nicolae Ceaușescu, mantenne il controllo del partito, finché Gheorghiu-Dej non riassunse la carica. Nonostante la sua nuova politica di cooperazione internazionale, la Romania si unì al Patto di Varsavia nel 1955, il che implicò la subordinazione e l'integrazione di una parte delle sue milizie nell'apparato militare sovietica. La Romania in seguito rifiutò di permettere manovre militari sul suo territorio e limitò la propria partecipazione nelle operazioni militari al di fuori dell'alleanza.
Nel 1956 il premier sovietico Nikita Chruščëv denunciò Stalin in un discorso segreto tenuto davanti al XX congresso del PCUS. Gheorghiu-Dej e la leadership del Partito dei Lavoratori Rumeno (Partidul Muncitoresc Român, PMR) fecero passare Pauker, Luca e Georgescu come capri espiatori per gli eccessi del passato e sostennero che il partito rumeno aveva eliminato i suoi elementi stalinisti anche prima della morte di Stalin.
Nell'ottobre 1956 i capi comunisti della Polonia rifiutarono di soccombere alle minacce sovietiche di intervento nella politica interna e di installare un politburo più obbediente. Poche settimane dopo, il partito comunista in Ungheria si disintegrò virtualmente durante una rivoluzione popolare. Il comportamento della Polonia e la rivolta ungherese ispirarono gli studenti rumeni e i lavoratori a manifestare nelle università e nelle città industriali chiedendo libertà, migliori condizioni di vita e la fine della dominazione sovietica. Temendo che la rivolta ungherese potesse incitare la popolazione ungherese della sua nazione a rivoltarsi, Gheorghiu-Dej invocò l'intervento sovietico, e l'Unione Sovietica rinforzò pertanto la propria presenza militare in Romania, in particolare sul confine con l'Ungheria. Anche se i disordini in Romania furono frammentari e controllabili, quelli ungheresi non lo furono altrettanto, così nel novembre Mosca pianificò la violenta invasione dell'Ungheria.
Dopo la rivoluzione del 1956, Gheorghiu-Dej lavorò in stretto contatto con il nuovo leader ungherese, János Kádár. Anche se la Romania inizialmente aveva accolto l'ex premier ungherese in esilio, Imre Nagy, in seguito lo restituì a Budapest per il processo e l'ineludibile esecuzione. In cambio, Kádár rinunciò alla richiesta ungherese della Transilvania e denunciò gli ungheresi che lì avevano sostenuto la rivoluzione come sciovinisti, nazionalisti e irredentisti.
In Transilvania, da parte loro, le autorità rumene unirono le università ungheresi e rumene a Cluj e consolidarono le scuole intermedie.
Il governo della Romania prese anche misure per risolvere lo scontento della popolazione, riducendo gli investimenti nell'industria pesante, decentralizzando il comando economico, aumentando i salari e gli incentivi e istituendo strumenti per la direzione dei lavoratori. Le autorità eliminarono la cessione obbligatoria delle fattorie private, ma riaccelerarono il programma di collettivizzazione verso la metà degli anni 1950, anche se meno brutalmente che in precedenza. Il governo dichiarò la collettivizzazione completa nel 1962, con le fattorie collettive e statali che controllavano il 77% delle terre arabili.
Nonostante Gheorghiu-Dej sostenesse di aver epurato il partito rumeno dagli stalinisti, rimase suscettibile di attacchi per la sua ovvia complicità nelle attività del partito dal 1944 al 1953. A un meeting plenario del PMR del marzo 1956, Miron Constantinescu e Iosif Chișinevschi, entrambi membri del Politburo e candidati premier, criticarono Gheorghiu-Dej. Constantinescu, che invocò una liberalizzazione in stile Chruščëv, mise in pericolo Gheorghiu-Dej a causa dei suoi collegamenti con la leadership di Mosca. Il PMR espulse Constantinescu e Chișinevschi nel 1957, denunciandoli come stalinisti e incolpandoli di associazione con Pauker. Dopo di ciò, Gheorghiu-Dej non dovette temere altre sfide alla sua leadership. Ceaușescu sostituì Constantinescu come capo dei quadri del PMR.
Gheorghiu-Dej non raggiunse mai un accordo mutuamente accettabile con l'Ungheria sulla Transilvania. Il premier rumeno si accostò al problema in modo ambivalente, arrestando i capi dell'Alleanza Popolare Ungherese, ma stabilendo una Provincia Autonoma Ungherese nella terra dei Székely. Questo servì a dare una fittizia immagine di attenzione verso le minoranze nazionali.
Gran parte degli ebrei rumeni approvarono inizialmente il comunismo, e taluni si compromisero con gli occupanti sovietici e il nuovo regime, come reazione all'anti-semitismo imperante nel paese in precedenza. A partire dagli anni cinquanta, tuttavia, molti ebrei vennero licenziati con la crescente ondata di discriminazione introdotta dal partito e a malincuore subirono le limitazioni dell'emigrazione verso Israele.
La persecuzione, il sistema concentrazionario e la resistenza anti-comunista
Con l'occupazione sovietica del 1945 iniziarono le crudeli persecuzioni di ogni possibile nemico del regime comunista. L'Armata Rossa si comportò come forza di occupazione (anche se teoricamente la Romania era un alleato contro la Germania nazista), e poté arrestare chiunque fosse sospettato di essere un attivista fascista o anti-sovietico.[4]
Una volta che il regime comunista fu divenuto stabile, il numero degli arresti continuò a crescere. Furono coinvolti tutti gli strati della società, ma l'obiettivo principale furono le élite pre-belliche, come gli intellettuali, gli uomini di chiesa, gli insegnanti, gli ex politici (anche se avevano orientamenti di sinistra) e chiunque potesse far potenzialmente parte del nucleo di resistenza anti-comunista.[4]
Le prigioni esistenti furono riempite con prigionieri politici, e fu creato un nuovo sistema di campi e prigioni per i lavori forzati, progettato sul modello sovietico dei Gulag inventato dallo Zar Ivan il Terribile. Il progetto di escavazione del Canale Danubio-Mar Nero servì come pretesto per l'edificazione di diversi campi di lavoro, dove morirono moltissime persone di vecchiaia. Tra i campi di prigionia più famosi ci furono Sighet, Gherla, Pitești e Aiud; i lavori forzati furono istituiti anche nelle miniere di alluminio presso il Delta del Danubio.
La prigione di Pitești nel primissimo dopoguerra fu sede di un particolare esperimento, volto alla "rieducazione forzata" di prigionieri politici tramite violenze e torture fisiche e psicologiche, operate da sorveglianti che erano essi stessi prigionieri politici, come ex-appartenenti alla Guardia di Ferro. Terminò con la rumenizzazione del regime comunista.
Le misure staliniste del governo comunista previdero la deportazione dei contadini dal Banato (Transilvania sud-orientale, al confine con la Jugoslavia) a partire dal 18 giugno 1951. A circa 45.000 persone furono date due ore per raccogliere i propri averi, caricarli in carri bestiame sotto guardia armata e furono "risistemati" nelle pianure orientali (Bărăgan). Questa azione ebbe lo scopo di intimidazione tattica per obbligare i contadini restanti a unirsi alle fattorie collettive. Gran parte dei trasferiti in piena libertà visse a Bărăgan per quasi 5 anni (fino al 1956), mentre altri vi rimasero permanentemente.
La resistenza anti-comunista all'inizio assunse anche una forma organizzata, e molte persone che si opponevano al regime imbracciarono le armi e formarono gruppi "partigiani", di 10-40 persone. Ci furono attacchi alla polizia e sabotaggi; tra i partigiani più famosi ci furono Elisabeta Rizea di Nucșoara e Gheorghe Arsenescu-Arnăuțoiu. Nonostante la polizia segreta (Securitate) e le truppe armate contro i rivoltosi, la resistenza armata sulle montagne continuò fino ai primi anni 1960, e uno dei più famosi capi partigiani non fu catturato fino al 1974.
Un'altra forma di resistenza anti-comunista, questa volta non violenta, fu la rivolta studentesca di Bucarest del 1956. In risposta alla rivolta anti-comunista in Ungheria, gli echi si fecero sentire in tutti gli stati del blocco orientale. Si verificarono proteste in alcuni centri universitari, che portarono a numerosi arresti ed espulsioni, ma poi vennero rimpatriati e rilasciati tutti. La più organizzata protesta studentesca avvenne a Timișoara, dove 300 persone furono arrestate. A Bucarest e Cluj, furono istituiti gruppi organizzati per cercare di fare causa comune con il movimento anti-comunista ungherese e coordinare così le attività. La reazione delle autorità fu immediata: gli studenti furono arrestati o sospesi dalle lezioni, alcuni insegnanti vennero licenziati e furono fondate nuove associazioni per supervisionare le attività studentesche.
Il regime di Ceaușescu
Nicolae Ceauşescu assieme ai segretari dei partiti comunisti e ai leader dei paesi del COMECON (6 luglio 1966)Gheorghiu-Dej morì nel 1965 in circostanze non chiare (la sua morte avvenne quando si trovava a Mosca per trattamenti medici) e, dopo l'inevitabile lotta per il potere, gli successe Nicolae Ceaușescu. Quando Gheorghiu-Dej si trovava su una linea stalinista mentre l'Unione Sovietica era in periodo riformista, Ceaușescu apparve inizialmente come riformista, quando l'URSS veniva condotta nel neostalinismo da Leonid Il'ič Brežnev.
Ceaușescu ha rifiutato di attuare misure di liberismo economico. L'evoluzione del suo regime seguì il percorso iniziato da Gheorghe Gheorghiu-Dej. Egli continuò il programma di industrializzazione intensiva volto all'autosufficienza economica del paese, che dal 1959 aveva già raddoppiato la produzione industriale e ridotto la popolazione contadina dal 78% alla fine degli anni Quaranta al 61% nel 1966 e al 49% nel 1971. Tuttavia, per la Romania, come per altre repubbliche popolari orientali, l'industrializzazione non significò una completa rottura sociale con le campagne. I contadini tornavano periodicamente nei villaggi o vi risiedevano, facendo i pendolari ogni giorno verso la città in una pratica conosciuta come naveta. Questo ha permesso ai rumeni di agire come contadini e lavoratori allo stesso tempo.[5]
Le università furono fondate anche nelle piccole città rumene per formare professionisti qualificati, come ingegneri, economisti, pianificatori e avvocati, che erano necessari per il progetto di industrializzazione e sviluppo del paese. L'assistenza sanitaria rumena ha anche ottenuto miglioramenti e riconoscimenti da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Nel maggio 1969, Marcolino Candau, direttore generale dell'OMS, visitò la Romania e dichiarò che le visite del personale dell'OMS in vari ospedali rumeni avevano fatto un'ottima impressione.[5]
Le trasformazioni sociali ed economiche hanno portato a un miglioramento delle condizioni di vita dei rumeni. La crescita economica permetteva salari più alti che, combinati con i benefici offerti dallo stato (cure mediche gratuite, pensioni, istruzione universale gratuita a tutti i livelli, ecc.) erano un salto rispetto alla situazione precedente alla seconda guerra mondiale della popolazione rumena. Fu concessa una paga extra ai contadini, che iniziarono a produrre di più.[5]
Nei primi anni di potere, Ceaușescu fu popolare, sia in patria che all'estero. Le merci agricole erano abbondanti, iniziavano a ricomparire i beni di consumo, ci fu uno slancio culturale e, principalmente all'estero, il leader si pronunciò contro l'invasione della Cecoslovacchia del 1968. Mentre la sua reputazione all'interno della Romania iniziava a decrescere, egli continuò tuttavia a intrattenere buone relazioni con i governi occidentali e con le istituzioni come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, a causa della sua linea politica indipendente. La Romania con Ceaușescu mantenne relazioni diplomatiche con, tra gli altri, Germania Ovest, Israele, Cina e Albania, con cui Mosca aveva interrotto la diplomazia per diverse ragioni.
Il periodo di libertà e di apparente prosperità non durò molto. Anche all'inizio, la libertà di riproduzione fu severamente limitata. Volendo aumentare il tasso di nascita, nel 1966 Ceaușescu promulgò una legge che limitava il ricorso all'aborto e alla contraccezione: solo le donne con più di 40 anni e con almeno quattro figli potevano usufruirne; nel 1972 questa possibilità esistette solo per le donne sopra i 45 anni e con almeno cinque figli. Come si stabilì, «Il feto è proprietà dell'intera società»[senza fonte], venendo introdotta una tassa sul celibato che poteva ammontare anche al 10% dello stipendio mensile, detratta solo fino alla nascita dei primogeniti. Il tasso di natalità salì alle stelle, laddove si mirava ad un aumento della popolazione attiva dai 23 ai 30 milioni di lavoratori, ma inversamente la mortalità infantile aumentò a 83 morti ogni mille nati. Le donne con meno di 45 anni venivano convocate sul posto di lavoro ed esaminate per riscontrare eventuali segni di gravidanza (sotto la supervisione di agenti governativi soprannominati «polizia mestruale»[senza fonte]). Molti romeni fuggirono in Ungheria, lasciandosi a milioni schiere di orfani affamati, in gran parte con gravi problemi di sviluppo, fatto che verrà appreso con grande sdegno dalla comunità internazionale solo nel 1990.
Vi furono anche altri abusi e violazioni dei diritti umani, tipici dei regimi stalinisti: un massiccio uso della polizia segreta (la "Securitate"), la censura, gli spostamenti della popolazione, anche se non come negli anni 1950.
Durante l'era di Ceaușescu, esisteva un commercio segreto tra la Romania e Israele e la Germania Ovest; tramite questo commercio, Israele e la RFT pagavano la Romania per permettere ai cittadini rumeni con antenati ebrei o sassoni di emigrare verso Israele o la Germania Ovest rispettivamente.
La Romania di Ceaușescu continuò a proseguire la politica di Gheorghiu-Dej dell'industrializzazione, ma produsse poche merci di qualità accettabile per il mercato globale. Inoltre, dopo una visita nella Corea del Nord, Ceaușescu sviluppò una visione megalomane di completa ristrutturazione della nazione: questo periodo divenne conosciuto come "sistematizzazione". Una grande porzione della capitale Bucarest fu abbattuta per far posto al complesso della Casa Poporului (Casa del Popolo), oggi Palazzo del parlamento romeno, e al Centrul Civic (Centro Civico); la rivoluzione del 1989 lasciò comunque gran parte delle opere incompiute, come la nuova Biblioteca Nazionale e il Museo Nazionale di Storia. Durante le grandi demolizioni degli anni 1980, questa area fu chiamata popolarmente "Ceaușima" - un'allusione satirica a Ceaușescu e Hiroshima.[6] Attualmente, la zona si sta sviluppando come area commerciale, con il nome di Esplanada.
Prima della metà degli anni 1970 Bucarest, come molte altre città, si sviluppò con l'espansione della città, in particolare verso sud, est ed ovest, con la costruzione di molti quartieri dormitorio nell'estrema periferia, alcuni (come Drumul Taberei) di valore architettonico e urbanistico. Furono effettuati piani di conservazione, specialmente negli anni '60 e '70, ma tutti poi vennero fermati dopo che Ceaușescu diede inizio alla cosiddetta "Mica revoluție culturală" ("Piccola Rivoluzione Culturale"), dopo aver visitato la Corea del Nord e la Repubblica Popolare Cinese e dopo aver tenuto un discorso noto come "Tesi di luglio".
Il grande terremoto del 1977 scosse Bucarest, molti edifici crollarono e molti altri vennero seriamente danneggiati; questa fu la goccia che portò alla politica di demolizione in larga scala, che colpì i monumenti storici e i capolavori architettonici, come il monumentale Monastero di Vǎcǎrești (1722), le chiese di "Sfânta Vineri" (1645) ed "Enei" (1611), i Monasteri di Cotroceni (1679) e Pantelimon (1750), lo "Stadio della Repubblica" art déco (ANEF Stadium, 1926). Anche un vecchio ospedale (Spitalul Brancovenesc), costruito tra 1835-1838, come ospedale per i poveri, fu demolito all'inizio del 1984. Un'altra tattica utilizzata fu quella di abbandonare e trascurare gli edifici, in modo da portarli in uno stato tale da giustificarne la demolizione.
Pertanto, la politica cittadina dopo il terremoto non fu quella della ricostruzione, ma quella di demolizione e ricostruzione. Un'analisi dell'Unione degli Architetti, commissionata nel 1990, verificò che più di 2000 edifici furono abbattuti, 77 dei quali di rilevante importanza architettonica, e gran parte di essi in buone condizioni. Anche la Gara de Nord (la principale stazione ferroviaria della città), iscritta nella Lista di Patrimoni dell'Umanità Architettonici in Romania fu messa in lista per l'abbattimento, e fu sostituita all'inizio del 1992.
Nonostante tutto ciò e nonostante i trattamenti degli orfani infetti di HIV, la nazione continuò ad avere un buon sistema scolastico e un buon servizio sanitario. Inoltre, non tutti i progetti di industrializzazione furono un fallimento: Ceaușescu lasciò la Romania con un sistema efficiente di generazione di energia e di trasmissione, diede a Bucarest una metropolitana funzionante, e lasciò molte città con un incremento nella costruzione di appartamenti ad uso abitativo.
Negli anni 1980, Ceaușescu divenne ossessionato dall'idea di dover ripagare i prestiti stranieri e con la costruzione di un suo Palazzo del Popolo di proporzioni immense, insieme al Centrul Civic da costruirvi vicino. Questo portò a una diminuzione delle merci disponibili per i rumeni. Dal 1984, nonostante l'alta produzione alimentare, fu introdotto il razionamento del cibo su larga scala (il governo lo promosse come "metodo per ridurre l'obesità"). Pane, latte, olio, zucchero, carne, e in alcuni luoghi anche le patate, furono razionati in Romania nel 1989, con razioni che divenivano sempre minori ogni anno (nel 1989, una persona poteva acquistare legalmente solo 10 uova al mese, da metà a un filone di pane, a seconda del luogo di residenza, o 500 grammi di qualunque tipo di carne). Gran parte di ciò che era in vendita erano rimanenze o scarti delle esportazioni, dato che gran parte delle merci di qualità venivano esportate, anche sottoprezzo, per ottenere denaro per pagare i debiti o per finanziare le opere sempre maggiori dell'industrializzazione pesante.
Divenne abitudine per i rumeni mangiare le "tacâmuri de pui" (ali di pollo), olio da cottura misto (non raffinato, scuro, olio di soia di qualità pessima), "București Salami" (consistente di soia, farina di ossa, frattaglie e lardo di maiale), surrogato di caffè (fatto di grano), pesce oceanico e sardine come sostituti della carne e formaggio mescolato a farina. Anche questi prodotti si trovavano in scarse quantità, con code al di fuori dei negozi dove erano in vendita. Tutti i prodotti di qualità, come il salame Sibiu e Victoria, la carne di maggiore qualità e le pesche della Dobrugia furono diretti solo verso le esportazioni, e furono disponibili per i rumeni solo al mercato nero.
Nel 1985, nonostante l'alta capacità di raffinamento della Romania, il petrolio fu razionato e le forniture vennero drasticamente tagliate; fu istituito un coprifuoco domenicale, e molti autobus e taxi vennero convertiti alla propulsione a metano. L'elettricità fu razionata per farla convergere all'industria pesante, con un consumo massimo mensile per famiglia di 20 kWh (sopra il limite si veniva tassati pesantemente) e black out molto frequenti (1-2 ore al giorno). Le luci nelle vie erano generalmente tenute spente e la televisione venne ridotta a due ore al giorno.
Fu tagliato anche il gas e il riscaldamento; le persone nelle città dovettero convertirsi ai container di gas naturale ("butelii"), o a stufe a carbone, anche se erano collegati alla rete del gas. Secondo un decreto del 1988, tutti gli spazi pubblici dovevano rimanere a una temperatura non superiore ai 16 °C in inverno (gli unici edifici esentati erano gli asili e gli ospedali), mentre altri edifici (come le fabbriche) non dovevano essere riscaldati a più di 14 °C. Tutti i negozi dovevano chiudere alle 17:30, per non sprecare elettricità. Fece la sua comparsa il mercato nero, in cui le sigarette divennero la seconda valuta circolante della Romania (era illegale e punito con 10 anni di arresto il possesso o il commercio di valute straniere), venendo utilizzate per comprare qualsiasi cosa, dal cibo al vestiario o le medicine. Il servizio sanitario cadde in una profonda crisi, poiché le medicine non venivano più importate.
Il controllo sulla società divenne sempre più stretto, vennero installati sistemi di sorveglianza nascosta nei telefoni, la Securitate arruolò molti più agenti, la censura fu estesa e furono riempiti elenchi di informazioni e rapporti riguardo a moltissimi cittadini. Nel 1989, secondo il CNSAS (Consiglio per gli Studi degli Archivi dell'Ex Securitate), un rumeno su tre era informatore della Securitate. A causa dello stato della nazione, le entrate dovute al turismo collassarono, il numero di turisti stranieri scese del 75% e tre dei principali operatori che organizzavano viaggi in Romania lasciarono il paese nel 1987.
Ci fu anche una rinascita dello sforzo per la costruzione del Canale Danubio-Mar Nero, che fu completato insieme a un sistema di canalizzazioni nazionali per la rete di irrigazione (una parte di essa fu completata, mentre la gran parte fu solo un progetto o fu presto abbandonata); si cercò di migliorare la rete ferroviaria con l'elettrificazione e un sistema di controllo moderno, si lavorò per la costruzione di una centrale nucleare presso Cernavodă, un sistema di generazione di energia idroelettrica (inclusa la stazione energetica Porțile de Fier sul Danubio, in cooperazione con la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia), una rete di raffinerie per l'olio, una flotta sviluppata per la pesca oceanica a Constanța, una buona base industriale per le industrie chimiche e di macchinari pesanti e una politica estera sviluppata.
Il lato negativo fu che le decisioni di questo periodo lasciarono alla nazione un'industria pesante che utilizzava metodi di produzione arcaici, consumando una quantità esagerata di risorse e producendo materiale di bassa qualità. Gran parte della produzione non poteva essere venduta e finiva pertanto con il deteriorarsi al di fuori delle fabbriche dove era stata fabbricata; l'industria leggera era enormemente sottosviluppata e sottodimensionata: i rumeni dovevano aspettare tre mesi per una lavatrice, 1-2 anni per un televisore, dai 5 ai 9 anni per un'automobile. Questa industria era inoltre tecnologicamente obsoleta, in quanto la Romania nel 1989 produceva auto degli anni sessanta e televisori e lavatrici degli anni settanta. La rete di comunicazione, con l'eccezione della modernizzazione delle linee ferroviarie, era ferma ai livelli degli anni cinquanta; nel 1989 la Romania possedeva solo 100 km di autostrade, anch'essi in stato fatiscente.
La rete telefonica era una delle meno affidabili d'Europa, perché si affidava alle tecnologie ad indirizzamento manuale degli anni trenta-cinquanta nei villaggi e alle prime tecnologie automatiche degli anni sessanta nelle città. Nel 1989 in Romania c'erano circa 700 000 linee telefoniche per una popolazione di 23 milioni di abitanti. Le trasmissioni televisive erano limitate a due ore al giorno e trasmettevano principalmente programmi di propaganda. La maggior parte delle persone preferiva pertanto assistere a trasmissioni televisive bulgare, jugoslave, ungheresi o sovietiche, dove il segnale era sufficientemente forte, utilizzando antenne illegali o mini-satelliti. C'erano pochissimi computer ad 8-bit, cloni dei computer occidentali, basati sull'architettura del Sinclair ZX Spectrum, utilizzati principalmente nelle stazioni di lavoro delle fabbriche.
Altra eredità di questa epoca fu l'inquinamento: il regime di Ceaușescu si posizionò tra gli ultimi nella classifica tra gli stati comunisti dell'Europa orientale. Tra le situazioni peggiori ci furono Copșa Mică con la fabbrica del carbone (negli anni ottanta l'intera città si poteva vedere dal satellite coperta da una spessa nuvola nera), Hunedoara, o il progetto lanciato nel 1989 per convertire l'intero delta del Danubio (patrimonio dell'umanità UNESCO) in campi per l'agricoltura.
Caduta
Diversamente dall'Unione Sovietica nella stessa epoca, la Romania non sviluppò un élite privilegiata e ampia. Al di fuori dei parenti di Ceaușescu, gli ufficiali al governo venivano spesso spostati da un incarico ad un altro e anche da una città all'altra, per ridurre le possibilità di ottenere potere. Questa situazione impedì la nascita di un movimento riformista del comunismo (come in URSS con Michail Gorbačëv), cosa che avvenne invece in Ungheria. Diversamente dalla Polonia, Ceaușescu reagì agli scioperi solo attraverso una strategia di ulteriore oppressione. Un certo dissenso interno al partito, tuttavia, andava creandosi, come nel caso della pubblicazione della Lettera dei Sei, documento di protesta contro la dittatura personale di Ceaușescu, elaborato da sei politici strettamente legati al regime. La Romania fu uno degli ultimi regimi comunisti dell'Europa dell'Est a cadere; la sua caduta fu tuttavia una delle più violente del tempo.
Le proteste e gli scontri scoppiarono a Timișoara il 17 dicembre, quando i soldati aprirono il fuoco sui protestanti, uccidendo circa 100 persone. Dopo aver accorciato un viaggio in Iran, Ceaușescu tenne un discorso in televisione il 20 dicembre, nel quale condannò gli eventi di Timișoara, considerandoli un atto di intervento straniero nella sovranità rumena, e dichiarò il Coprifuoco Nazionale, convocando una riunione di massa dei suoi sostenitori a Bucarest il giorno successivo. Nel mondo si sparse la notizia della rivolta di Timișoara e la mattina del 21 dicembre scoppiarono altre proteste a Sibiu, Bucarest, e in moltissimi altri luoghi. La riunione indetta da Ceaușescu finì nel caos e nei tafferugli, e il Capo stesso della Romania si nascose all'interno del Palazzo del Presidente dopo aver perso il controllo dei suoi stessi sostenitori. La mattina del giorno seguente, il 22 dicembre, fu annunciato che il generale dell'esercito Vasile Milea era morto per suicidio; la popolazione stava assediando il palazzo in cui si nascondeva Ceaușescu, mentre la Securitate non lo aiutò. Il leader scappò in elicottero dal tetto, per essere poi lasciato a Târgoviște, dove fu formalmente arrestato, processato e giustiziato insieme alla moglie Elena il 25 dicembre.
Controversia sugli eventi del dicembre 1989 Per diversi mesi dopo gli eventi del dicembre 1989, iniziò a circolare la voce che Ion Iliescu e il FSN avevano solo tratto vantaggio dal caos per organizzare un colpo di Stato. È chiaro che dal dicembre 1989 le politiche economiche controproducenti di Ceaușescu gli erano costate il sostegno di molti ufficiali del governo e anche dei quadri del Partito Comunista più leali: gran parte di questi si unì alle forze rivoluzionarie popolari o si rifiutò semplicemente di sostenerlo. Questa perdita del sostegno da parte degli ufficiali del regime fu il colpo finale della Romania comunista.
Cultura
Durante il regime comunista vi fu in Romania una fervida attività editoriale. Con il proposito di dover educare la maggior parte della popolazione, vennero pubblicati un grandissimo numero di libri. Nacquero case editoriali che stampavano unicamente su larga scala, come ad esempio la Cartea Românească, che pubblicò la Biblioteca pentru Toţi (L'enciclopedia per tutti) con oltre 5.000 libri al suo interno. Librerie pubbliche furono aperte in quasi tutti i villaggi rumeni, ed in generale si potevano trovare ovunque le ultime novità editoriali. Inoltre, i bassi costi di vendita consentivano a tutti di possedere in casa una piccola libreria personale. Il rovescio della medaglia era però portato dalla stringente censura apportata dal Partito Comunista Rumeno su un larghissimo numero di libri stranieri. In aggiunta, a seguito dei razionamenti che colpivano ogni aspetto della vita economica del paese, le edizioni erano spesso realizzate con carta di scarsa qualità, e i libri tendevano a deteriorarsi in breve tempo.
Sempre in questo periodo si registrò inoltre un aumento dei teatri pubblici, che per la prima volta fecero la loro comparsa anche nelle città medio-piccole rumene. Tra i più importanti teatri che sorsero sotto il regime comunista vi è il Teatro Nazionale di Bucarest, situato nel centro della capitale rumena. Nelle piccole città sorsero inoltre i cosiddetti "Teatri dei Lavoratori", istituzioni semi professionali spesso portate avanti dai cittadini. Tutti i teatri disponevano di un budget annuale erogato dallo Stato. Di contro, anche qui la censura era costantemente utilizzata ed in scena andavano solamente quelle opere ideologicamente affini alle idee del regime.
Anche il cinema ebbe un'evoluzione simile a quella dei teatri, e spesso film ed opere teatrali andavano in scena nella stessa struttura pubblica. I film erano molto popolari tra i cittadini rumeni, e a partire dal 1960 anche i film stranieri iniziarono lentamente ad essere presenti sui grandi schermi. I film Western, quando mandati in onda, erano spesso censurati: interi spezzoni del film venivano tagliati, e i dialoghi erano tradotti utilizzando esclusivamente parole ideologicamente accettate dal Comitato Centrale. Tolto ciò, va comunque considerato che l'ossatura principale del cinema in Romania era composta da film realizzati nel paese o da pellicole provenienti dal blocco comunista. Negli anni '60, finanziata dal Governo, sorse una florida industria cinematografica nella città di Buftea, a circa 20 chilometri da Bucarest. I film che andavano per la maggiore durante il periodo comunista erano quelli del genere gangster e quelli storici.
Architettura
Con l'ascesa al potere nel 1947 di Gheorghe Gheorghiu-Dej cominciò per la Romania un periodo di veloce industrializzazione, che portò nel giro di pochi anni alla costruzione di infrastrutture e di industrie pesanti. Verso la metà del 1970 si assistette inoltre ad una generalizzata espansione delle città rumene, e nelle periferie si costruirono enormi palazzi-dormitorio, destinati a quei cittadini che, dalla campagna, avevano raggiunto i centri industriali in cerca di lavoro.
Un ulteriore spinta all'architettura rumena arrivò con la presa del potere da parte di Nicolae Ceaușescu nel 1967. Quest'ultimo, dopo una visita nel 1971 in Corea del Nord, rimase molto impressionato dal genere di mastodontiche costruzioni che abbellivano la capitale Pyongyang, al punto da spingerlo a ripensare completamente il centro della capitale rumena Bucarest. Questo processo di "ristrutturazione" forzata delle città rumene è passato alla storia col termine di "sistematizzazione". Interi nuovi quartieri sorsero nel giro di pochi anni, utilizzando quasi sempre strutture prefabbricate. L'altezza media dei nuovi edifici era di 8-10 piani, e ciò cambiò radicalmente lo Skyline della capitale rumena. Tuttavia in questo processo furono distrutti centinaia di edifici appartenenti al centro storico.
Al di fuori della capitale la mano del Partito Comunista Rumeno fu probabilmente ancora più pesante. Nei villaggi rurali ed in alcune città si distrussero interi centri storici, che vennero velocemente sostituiti da blocchi abitativi e zone industriali. Con l'ironico soprannome di "Circhi della fame" sono poi passati alla storia quei conglomerati edilizi costruiti in molte città che avrebbero dovuto, nelle intenzioni del regime, essere l'equivalente dei supermarket occidentali. In realtà molti di questi poli cittadini rimasero incompiuti, e quelli ultimati sono divenuti nella migliore delle occasioni i mercati coperti della città.